Sadaf Kadem photo by @fabien_lasserre
Ha dedicato la sua prima vittoria alle donne quando, la sera del 13 aprile, ha sconfitto sul ring la sua avversaria: "Le donne possono attraversare le montagne se vogliono" ha dichiarato Sadaf Khadem e, detto da lei, suona ancora più vero.
A soli 24 anni, infatti, Sadaf non ha certo avuto vita facile nel lottare per arrivare dove è ora e questo suo successo ci apre gli occhi sulle difficoltà che le donne devono ancora affrontare in molti paesi, anche quando si tratta del mondo dello sport. Sono spesso piccole limitazioni, legate all'esposizione del corpo femminile, retaggio di discriminazioni che impediscono alle donne di vivere in libertà la propria fisicità e di superare i propri limiti gareggiando nello sport agonistico.
Sadaf Khadem è iraniana e ha iniziato ad appassionarsi alla boxe quattro anni fa anche se per allenarsi era costretta a rispettare le rigide regole del suo Paese che permette alle donne di praticare le discipline sportive solo a condizione di farlo in un ambinete esclusivamente femminile. Infatti, nonostante il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) abbia minacciato i Paesi che ancora proibiscono alcuni sport sulla base del genere di escluderli dalle Olimpiadi, l'Iran continua a perpetruare questo genere di eclusione. Sadaf, quindi, si allenava in palestre specificamente dedicate alle donne, senza alcun contatto con il mondo del pugilato maschile. Nel 2017, però, avviene la svolta. Khadem decide di contattare tramite i social l'ex atleta di boxe franco-iraniano Mahyar Monshipour, a Theran per un evento promozionale. In occasione di una sessione di boxe clandestina (a cui partecipano anche alcune donne) Monshipour nota la determinazione e il talento della ragazza e decide di diventare il suo allenatore e accompagnarla verso il successo.
Visto il divieto imposto dall'Iran che le donne vengano allenate da istruttori dell'altro sesso, Khadem segue Mahyar in Francia dove si dedica a fondo alla sua passione. Eppure, anche in Europa le difficoltà non mancano. Sadaf, infatti, essendo cittadina iraniana ha dovuto aspettare che la Francia ammettesse anche i non residenti alle competizioni agonistiche cosa che fortunatamente è recentemente avvenuta, garantendole la possibilità di garaggiare al pari dei cittadini francesi.
Solo a seguito di queste vicissitudini, quindi, ha avuto luogo a Royan la gara del 13 aprile che ha visto Khadem vincere contro la sua rivale Anne Chauvin. Per l'occasione Sadaf indossava un completo sportivo con i colori ed il nome del suo paese a signficare il suo attaccamento per quella terra e il volersi battere anche per lanciare un messaggio positivo alle donne iraniane. È stato, però, proprio questo suo abbigliamento a crearle ulteriori problemi. Secondo alcune fonti, infatti, se la ragazza fosse tornata in Iran (come inizialmente previsto) avrebbe rischiato l'arresto per non aver rispettato le direttive del governo dell'Iran che vuole le donne coperte dallo hijab anche in contesti agonistici e sportivi. Nonostante il capo della federazione iraniana di boxe abbia smentito questi timori Sadaf Khadem ha scelto, per il momento, di rimanere in Francia.
La storia di Sadaf ha la forza di ricordarci come i pregiudizi legati al corpo delle donne o al loro svolgere determinate attività siano ancora presenti e vadano a toccare le più diverse diramazioni del nostro vivere. La sua vittoria si porta dietro molto di più di un successo sportivo: è prima di tutto un grido di denuncia e una mano tesa verso chi vive ogni giorno lo stesso tipo di discriminazioni.