Art By Franziska Barczyk
Avete appena scoperto di aver passato un esame difficilissimo, di essere state ammesse al Master dei vostri sogni o di aver passato un colloquio che vi sembrava essere andato male. Siete felici, ma un dubbio vi assale: e se fosse un errore? Se mi avessero scelta per sbaglio ed il posto fosse dovuto andare a qualcuno più dotato? Se dovessero scoprire che in realtà non ho le capacità che credevano? Che fare?
Spesso questi pensieri si insinuano nella nostra mente senza che nemmeno ce ne accorgiamo, possono essere dubbi passeggeri o più persistenti e quando arrivano a creare un continuo senso di inadeguatezza possono essere classificati come "Sindrome dell'Impostore". Il termine è stato coniato dalle psicologhe Pauline Clance e Suzanne Imes nel 1978 ed è comparso per la prima volta nel loro studio "The Imposter Phenomenon in High Achieving Women: Dynamics and Therapeutic Intervention". La sindrome, nonostante non sia mai stata inserita nel DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) di fatto interessa un grandissimo numero di persone. Chi è afflitto dalla Sindrome dell'Impostore tende a non riuscire ad interiorizzare i propri successi professionali e personali, invece di riconoscerli come frutto delle proprie capacità, li vede invece solo come risultato del caso, della fortuna o, al massimo, del duro lavoro. Il risultato è un continuo senso di ansia e di colpa, paura di venire "smascherati" come inetti rispetto a colleghi o amici ed una incessante necessità di dimostrare il proprio valore.
Sembra, poi, che la Sindrome dell'Impostore, sia particolarmente diffusa tra le donne e, in generale, tra le persone che appartengono ad un gruppo di minoranza. Secondo Clare Josa, autore del libro Ditching Imposter Syndrome, le donne sono più portate a mettersi in dubbio rispetto agli uomini e a cedere all'insicurezza, sopratutto in ambito lavorativo. Questo è dovuto al fatto che le donne, per anni limitate agli ambienti casalinghi, devono spesso combattere stereotipi e discriminazioni quando si trovano a dover affrontare ambienti lavorativi tradizionalmente "maschili". Le donne, poi, tendono spesso ad un eccessivo perfezionismo derivante dall'educazione che gli è stata impartita. Questo le porta a non sentirsi mai all'altezza e a focalizzarsi sugli aspetti da migliorare piuttosto che sui punti di forza. Come osserva Josa "molte donne in posizioni senior non si propongono per aumenti salariali proprio a causa della Sindrome dell'Impostore: hanno paura di venire 'scoperte'" e scelgono così di rimanere nell'ombra. Questo approccio, nel lungo termine, può rallentare la carriera di molte donne oltre a creare forti problemi legati all'autostima.
Il primo passo per riuscire a sviluppare delle soluzioni a questo problema è sicuramente dare visibilità al fenomeno. Il semplice fatto di sapere che la Sindrome dell'Impostore esiste ed è diffusa può aiutare chi ne è afflitto a non sentirsi solo e a comprendere meglio la propria insicurezza. Proprio per questo motivo molte star e personalità importanti hanno scelto di parlare apertamente del loro senso di inadeguatezza. Nel 2009 Kate Winslet ha affrontato l'argomento dicendo: "A volte mi sveglio la mattina prima di girare, e penso: non posso farlo, sono un' imbrogliona! Oddio, sono un disastro e se ne accorgeranno tutti. Hanno scelto la persona sbagliata!". Anche Natalie Portman nel raccontare la sua esperienza ad Harvard, ha riportato sensazioni simili: "Mi sembrava ci fosse stato un errore, che non fossi abbastanza intelligente per stare in quell'ambiente. Pensavo che ogni volta che aprivo la bocca avrei dovuto dimostrare che non ero solo una stupida attrice". E perfino Meryl Streep, nonostante la sua sfolgorante carriera, sembra non essere immune a pensieri di questo tipo: "Penso: 'Perché qualcuno dovrebbe volermi vedere di nuovo in un film? E poi non so recitare, perché lo sto facendo?'" ha raccontato qualche anno fa.
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Ma cos'altro si può fare per cercare di sconfiggere questo nostro continuo tentativo di sabotare il nostro valore? Una soluzione è stata proposta da Reshma Saujani nel suo famoso TedTalk "Teach girls bravery, not perfection"."Dobbiamo crescere le nostre ragazze in modo che si sentano loro agio con l'imperfezione, e dobbiamo farlo ora. (...) Dobbiamo insegnare loro a essere coraggiose a scuola e all'inizio della loro carriera, quando questo ha il maggior potenziale di impatto sulle loro vite e sulla vita degli altri, e dobbiamo mostrare loro che saranno amate e accettate non perché sono perfette ma perché sono coraggiose". Saujani, nel parlare dell'importanza di mettersi in gioco e tentare nonostante la paura del fallimento, dà forse il miglior consiglio che possiamo rivolgere a noi stesse nei momenti in cui ci sembra di non valere nulla: Cercate il coraggio e non la perfezione!