La scorsa settimana abbiamo parlato di maternità femminista. Ogni persona dovrebbe conoscere determinati aspetti della maternità perché è giusto sapere cosa affrontano le donne senza narrazioni e strumentalizzazioni bucoliche.
Ebbene, è proprio la strumentalizzazione l’argomento di oggi, o almeno parzialmente. Il patriarcato (è risaputo) strumentalizza il corpo delle donne. C’è una parte del corpo femminile alla quale il patriarcato è particolarmente interessato, quale sarà mai? Premetto che non sarà semplice, vi prego di seguirmi nei collegamenti per quanto possano sembrare azzardati e oscuri.
Uno sguardo antropologico: la strumentalizzazione del sesso femminile tra mito e religione
Con il progressivo instaurarsi degli ordini patriarcali, il sesso femminile è stato occultato e considerato emblema della “bestialità” naturale della donna, attributo da nascondere e censurare.
Il neolitico è caratterizzato da una serie di oggetti, amuleti e simboli che descrivono la predominanza sociale delle donne, sono archetipi femminili portatori di significati quali fertilità e potere di rigenerazione.
Per svariate circostanze, queste immagini diminuiscono a poco a poco fino a scomparire quasi del tutto. Gli dèi greci diventano dei veri e propri rivali per le dee femminili, le loro rappresentazioni sono state significative per l’attuazione di un cambiamento di statuto delle donne, la nudità maschile e i suoi attributi sessuali rientrano nella sfera del sacro, quanto alle dee, spesso sono rappresentate vestite di un drappeggio morbido che lascia intravedere le forme in modo tale da ispirare un sentimento di sensualità temperato, tuttavia la nudità femminile sacra è comunque raffigurata raramente.
Tramite l’accettazione di un Dio padre e creatore di tutte le cose, il femminile scompare dalle istituzioni, dall’insegnamento e dai rituali: nella chiesa cattolica non ci sono preti di sesso femminile, le rabbine ebree rappresentano una minoranza e l’Islam esclude le donne da ruoli alti nei culti e nei precetti religiosi. Con buone probabilità, questa emarginazione dipende dall’interpretazione patriarcale delle sacre scritture.

Prendiamo in esame la Bibbia e in particolare le due versioni della Genesi
La prima recita: “Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.” Nella seconda variante, scritta in un’epoca differente, la donna non nasce contemporaneamente all’uomo che è l’unico essere creato a immagine e somiglianza di Dio infatti, viene plasmata successivamente dalla costola di Adamo con lo scopo di diventare la sua compagna. Abbandonando il primo adattamento in favore del secondo, si legittima la superiorità dell’uomo sulla donna, peraltro accentuata dalla disobbedienza di Eva: responsabile del peccato originale e causa della sofferenza umana. Facendosi tentare dal serpente e seducendo a sua volta Adamo, marchia irrimediabilmente il sesso femminile, la punizione è esemplare: cacciata dal paradiso terrestre, moltiplicazione dei dolori legati al parto, mestruo per ricordare la sua corruzione. Eva, e per estensione tutte le donne, è seduttrice guidata dall’istinto come nel regno animale, Il suo sesso è marchiato dall’ambiguità: è il male, calamità e desiderio.
All’interno delle chiese romane, sono state rinvenute molteplici caricature volgari e ostili di donne che hanno lo scopo di mettere in guardia circa la natura libidinosa e pericolosa di tutte le discendenti di Eva. Queste creature appaiono spesso con le gambe divaricate e ostentano il proprio sesso. A questo proposito, Freud, nei Tre saggi sulla teoria sessuale del 1905, descriverà l’organo riproduttore femminile come un diretto discendente appunto della cloaca, termine di derivazione latina traducibile in fogna.
Questo breve e caotico percorso storico, a cavallo tra il mito e la religione, ha lo scopo di sottolineare come il sesso femminile sia stato assoggettato e denigrato dal patriarcato. Per quanto i miti siano stati considerati per un lungo periodo di tempo simili alle favole, data l’apparente mancanza di adesione a qualunque forma di realtà, hanno valore cognitivo e forniscono informazioni essenziali circa lo sviluppo culturale e sociale dell’uomo. Il sesso femminile è sempre stato alla mercé degli uomini.
Ora, mi permetto di trascrivere parola per parola quanto detto da Matteo Salvini: Ci sono state donne non italiane che sono andate sei volte al pronto soccorso per l’aborto. Non mi spetta giudicare, è giusto che sia la donna a scegliere, ma non puoi arrivare a prendere il pronto soccorso come la soluzione a uno stile di vita incivile per il 2020. Solitamente le citazioni dispongono di un formato stabilito con una linea blu e i caratteri risultano essere leggermente più grandi. Ecco, io non me la sento di dargli così tanto spazio, non è una di quelle citazioni degne di essere ricordate se non per la vergogna. Vorrei provare ad analizzarla.
L’Atlante delle Donne, scritto da Joni Seager, è la più aggiornata e accurata analisi di come vivono le donne nel mondo
Racconta il mondo femminile in tutti i suoi aspetti: lavoro, salute, educazione, disuguaglianze, maternità, sessualità, contraccezione, aborto, alfabetizzazione, solo per citarne alcuni.
Diversi milioni di donne sono impegnate a portare avanti una gravidanza molte volte nel corso della vita, a volta iniziando quando sono ancora bambine. Le leggi e le norme culturali che riducono l’accesso alla contraccezione e all’aborto, che tutelano lo stupro all’interno del matrimonio, che concedono agli uomini il controllo sulle scelte riproduttive delle donne sono ampiamente diffuse.
Il numero medio di figli per donna sono molto alti: in Niger (7,6), Somalia (6,4) Mali (6,1). La maggior parte dei paesi post-industrializzati sono preoccupati per l’invecchiamento della popolazione, l’immigrazione è quindi la strada principale per mantenere o incrementare i livelli demografici.

In tutto il mondo la contraccezione è quasi sempre responsabilità femminile: la sterilizzazione è il metodo più comune (19%), quella maschile risulta essere molto più efficace, di più probabile riuscita e con minore probabilità di complicanza, eppure viene praticata raramente (2%). Nel 2015, il 57% delle donne in età riproduttiva utilizza un metodo di contraccezione moderno. In 54 Paesi, di cui 34 solo in Africa, meno della metà della domanda di contraccettivi è stata soddisfatta utilizzando metodi moderni.
Nei Paesi Poveri, e per le donne povere di tutto il mondo, l’acquisto dei contraccettivi può essere economicamente insostenibile. 214 milioni di donne in età riproduttiva nei Paesi in via di sviluppo vogliono evitare gravidanze, ma non utilizzano alcun metodo contraccettivo. 155 milioni di donne non usano alcuna contraccezione e 59 milioni si affidano ai metodi tradizionali. Circa il 12% delle donne nel mondo vuole posticipare una gravidanza o fermarla, ma non ha accesso ai metodi contraccettivi o non li utilizza. Questo limita enormemente le donne. Quasi ovunque la mortalità materna è in calo. In Sierra Leone ci sono 1360 morti per 100.000 nati vivi.
Gli Stati Uniti detengono il numero più alto di mortalità materna nel mondo sviluppato e la situazione sta notevolmente peggiorando per le donne nere. Nel 2011 il tasso di mortalità materna delle donne non indigene era di 70 per 100.000 nati vivi: per le donne indigene 211. Negli Stati Uniti tra il 2005 e il 2007, il tasso di mortalità (per 100.000 nati vivi) è: 10 per le donne ispaniche, 10 per le donne bianche, 11 per le donne asiatiche e delle isole del Pacifico, 17 per le indiane americane e native dell’Alaska, 34 per le donne nere.
Come può un simile fardello di morte, malattia e disabilità esistere da così tanto tempo con così poco clamore? Se ogni anno centinaia di migliaia di uomini soffrissero e morissero, soli e in agonia e terrore, o se milioni e milioni di uomini venissero feriti, resi disabili e umiliati, subendo lesioni profonde e non trattate ai loro genitali, costretti a un dolore cronico, resi sterili, incontinenti, e terrorizzati dai rapporti sessuali, allora tutti avremmo conosciuto questo problema tempo fa e qualcosa sarebbe stato fatto.
Le leggi restrittive non impediscono alle donne di abortire e rendono gli aborti clandestini e poco sicuri
Nel mondo, ci sono circa 56 milioni di aborti ogni anno. Dal 2010 al 2014, il tasso di aborti tra i 15 e i 44 anni è: 37 per 1000 in Paesi dove l’aborto è vietato o permesso solo per salvare la vita delle donne, 34 per 1000 in Paesi dove l’aborto è permesso. Quasi la metà degli aborti in tutto il mondo viene praticato in condizioni non sicure.
Restringere l’accesso all’aborto non riduce il numero degli aborti, ma riduce il numero di aborti sicuri. 25 milioni di donne praticano aborti non sicuri ogni anno. Le donne in Africa e America Latina sono in cima alle statistiche.
Legge numero 194 in Italia
In Italia, l’aborto è stato considerato un vero e proprio reato fino al 1978. Il primo disegno di legge sull’interruzione di gravidanza venne presentato nel 1973. Il passo successivo avvenne all’inizio del 1975, quando la Corte Costituzionale emise una sentenza con la quale dichiarava che l’articolo 546 del Codice Penale, quello che prevedeva la reclusione per chiunque praticasse l’aborto con il consenso della donna incinta e della donna stessa, fosse parzialmente illegittimo. Nel 1978 venne presentato un nuovo testo, che passò velocemente alla Camera e poi al Senato: la legge 194: Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza, portava in calce la firma del Presidente del Consiglio Andreotti e dei ministri Anselmi, Bonifacio, Morlino e Pandolfi. La soluzione infine rispettava pienamente il diritto di autodeterminazione della donna, ma anche quello di obiezione di coscienza del personale sanitario.
Per sintetizzare al massimo il testo, la 194 consente alla donna di interrompere la gravidanza in una struttura pubblica nei primi 90 giorni di gestazione (quindi entro il terzo mese), mentre è possibile far ricorso all’aborto dopo (nel quarto e nel quinto mese) solo per motivi terapeutici.
Nel 1979 si cominciò a parlare, soprattutto negli ambienti cattolici, di raccogliere firme per proporre un referendum abrogativo della legge 194. Le proposte erano due, la prima molto più estrema prevedeva l’eliminazione dell’aborto, la seconda, più moderata, ma ugualmente nociva e ingiusta prevedeva di mettere dei paletti alla 194 soprattutto in materia di autodeterminazione della donna, lasciando legale solo l’aborto terapeutico. I cittadini andarono alle urne a esprimere il loro voto il 17 e il 18 maggio del 1981. Al referendum partecipò quasi l’80% degli aventi diritto al voto, e il “no” ricevette la maggioranza a entrambi i quesiti relativi all’interruzione di gravidanza.
Oggi l’aborto continua ad essere regolato dalla legge 194, ma nonostante siano passati più di quarant’anni dalla sua entrata in vigore non si può dire che l’interruzione di gravidanza come prevista dalla legge sia disponibile su tutto il territorio italiano. Secondo uno studio della Laiga (la Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della legge 194), nel 2017 in Italia solo il 59% degli ospedali aveva personale che potesse garantire l’interruzione volontaria di gravidanza, il che vuol dire che il restante 41% non era a norma di legge. Da una relazione del Ministero della Salute sull’applicazione della legge 194, compilata nel 2014, emerge che la percentuale di obiettori di coscienza all’intero del personale medico italiano si aggira attorno al 70%, mentre in confronto è al 10% in Gran Bretagna e zero in Svezia.
Ora, riprendendo la frase pronunciata da Salvini, non è forse chiara la strumentalizzazione? Siamo chiaramente abituati alla sua propaganda nociva circa immigrazione e alla diffusione via social dei suoi sentimenti piuttosto retrogradi, arcaici oserei. Le donne italiane sono privilegiate, eppure talvolta diventa impossibile abortire a causa degli obiettori di coscienza e della mancata applicazione della legge numero 194. Le donne immigrate (non italiane come appellate da Salvini) provengono da situazioni differenti come avete potuto evincere dai numeri e dalle percentuali ricavati dall’Atlante delle donne. Non è una pratica incivile, neppure quando la stessa donna si presenta per sei volte in pronto soccorso per abortire. Bisognerebbe farsi delle domande piuttosto che giudicare e cercare di conoscere l'ambiente nella quale questa persona vive. Se è vero che incivile - nella sua accezione colonialista - è colui che possiede un grado di civiltà, materiale e spirituale, molto basso, (è concetto e espressione conservati nel linguaggio, cui corrispondono, nelle scienze sociali, le espressioni popoli sottosviluppati, popoli in via di sviluppo, popolazioni emergenti), allora le affermazioni di Salvini possono solo essere di cattivo gusto e con una accezione fortemente razzista.
In ultimo, vorrei trattare brevemente una questione. Le donne non si sono viste regalare il diritto all'aborto, è stata una lotta incredibilmente ardua, tutt'oggi prosegue. Quando l'istituzione patriarcale si vede costretta a cedere dei diritti deve agire di conseguenza per non perdere credibilità e potere, come?
Le donne possono abortire solo nella misura in cui questa azione provochi in loro una pena psicologica e un forte senso di inadeguatezza. Abortire stigmatizza anche quando la pratica è legittimata da una normativa. Una donna che non soffre viene giudicata come abominevole e fredda nei sentimenti. Ebbene, il controllo sull'utero non è abbastanza, anche le emozioni devono essere dosate e coincidere con l'idea emotiva che l'istituzione patriarcale si aspetta dalle donne: sofferenza, tristezza, enorme senso di colpa, talvolta depressione.
Ogni donna ha diritto di esprimere i suoi sentimenti senza che questi debbano essere criticati da nessuno. Una donna ha diritto di soffrire tanto quanto ha il diritto di affrontare l'aborto con serenità e tranquillità, non è di certo meno umana.
Infine, il patriarcato non è in grado di concepire una sessualità nella quale piacere e concepimento siano diversificati. Ecco perché all'inizio ho voluto parlare del sesso femminile che è stato occultato e considerato emblema della “bestialità” naturale della donna, attributo da nascondere e censurare. Il sesso, utilizzando la logica maschilista, è un mezzo con il quale è possibile continuare la specie (e provocare piacere maschile, non dimentichiamoci), il piacere femminile è stigmatizzato e animalesco, del tutto superfluo.
Fonti:
Marie-Josephe Bertini, Cachez ce Sexe, Que je ne saurais voir
Joni Seager, L’Atlante delle Donne, la più aggiornata e accurata analisi di come vivono le donne nel mondo
Legge numero 194: storia dell’aborto in Italia, Bossy (https://www.bossy.it/legge-numero-194-storia-aborto-in-italia.html)
Il titolo è una citazione di Florynce R. Kennedy
Comentarios