Serie
1. Unorthodox
Una miniserie di 4 episodi, basata sull'autobiografia di Deborah Feldman, che parla di Esther, ragazza ebrea che poco dopo il matrimonio fugge dalla sua comunità ultra-ortodossa di Williamsburg (New York) per recarsi a Berlino dove riscopre la sua passione per la musica. Una storia estremamente coinvolgente, sfaccettata, che fa riflettere. La suspense è alta: riuscirà Esther a fuggire? La troveranno? Che le succederà? Suscita una certa ansia ma è difficile scollarsi dallo schermo e alla fine ci lascia con un misto di soddisfazione, pace e anche speranza. Quasi tutti i personaggi vanno incontro ad una sorta di redenzione. In questo si differenzia dai soliti racconti su chi vuole fuggire da ambienti religiosi o “culti.” L’esempio di Esther ci invita a non farci prendere dal rancore, dal risentimento, ma piuttosto a guardare avanti. Solo cosi possiamo essere davvero liberi. Una serie bella quanto inaspettata, un inno all’autodeterminazione.
2. Tanti piccoli fuochi (Little Fires Everywhere)
Altra fantastica miniserie con Reese Witherspoon e Kerry Washington ispirata all’omonimo libro di Celeste Ng. Racconta la storia di due madri di diverse estrazioni socioeconomiche che vivono in un sobborgo di Cleaveland nell’Ohio e approfondisce le dinamiche tra di loro e le loro famiglie. Uno show ricco di suspense che si apre con un flashforward dal quale scopriamo che qualcuno darà fuoco alla casa di Reese. Notevoli le performance degli attori (soprattutto delle due protagoniste) che con sguardi sottili e scambi pungenti riescono a cogliere quelle punte di razzismo e pregiudizio che si possono celare dietro ad atteggiamenti, commenti, giudizi apparentemente “innocui.” Interessante anche come vengono ritratti i vari rapporti madre-figlia, ognuno da diversi punti di vista. Si tratta di un raro caso nel quale la serie aggiunge qualcosa al libro dal quale è tratta, approfondendo una storia già intrigante e profonda.
3. La regina degli scacchi (The Queen’s Gambit)
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Apprezzatissima serie della quale avrete sicuramente sentito parlare negli ultimi tempi. Da quando è uscita lo scorso ottobre ha suscitato un interesse senza precedenti per gli scacchi. A quanto pare, negli USA le vendite di scacchiere sono cresciute esponenzialmente (i numeri variano dal 87% al 125% a secondo delle fonti), lo stesso vale per le vendite di manuali di scacchi e anche per le iscrizioni a gruppi come la US Chess Federation (già in crescita durante la pandemia). Non è difficile capire il perché di tutto quest’entusiasmo. La serie segue la storia di Beth Hammond (interpretata dalla magnetica Anya Taylor-Joy), un’orfana che si scopre essere un prodigio degli scacchi. Negli anni, la sua passione e il suo talento non fanno che crescere, fino a diventare una vera e propria ossessione. Inoltre, Beth deve combattere con problemi di abuso di sostanze, di certo non alleviati dalla situazione familiare e dall’ambiente competitivo nel quale si inserisce. La serie riesce però a mantenere una certa leggerezza ed è un vero piacere (nonché una grande soddisfazione) vedere Beth affrontare gli ostacoli della vita e del gioco, maturare e prendere sicurezza. I costumi anni 60 sono strepitosi (al punto che il Brooklyn Museum gli ha dedicato una mostra virtuale insieme a quelli dell’ultima stagione di The Crown) e la loro evoluzione echeggia la crescita interiore del personaggio. Interessante (anche se probabilmente un tantino idealizzata) la rappresentazione della comunità scacchista, caratterizzata dalla competizione, ma anche da un gran senso di solidarietà e di sportività.
4. The Great
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Divertentissima serie creata da Tony McNamara (co-autore del pluripremiato film La Favorita) con Elle Fanning nei panni della giovane e apparentemente ingenua Caterina che nel 1745 sposa Pietro, l’immaturo e irascibile imperatore russo. Ritroviamo gli intrighi di corte tipici delle serie in costume ma esagerati, parodiati e punteggiati di elementi anacronistici che fanno capire che nonostante il look (abiti, trucco, interni, riprese) così curato, si tratta di una commedia irriverente, che non si prende troppo sul serio. Un tipo di umorismo tendente all’assurdo ma calcolato, leggero ma non superficiale. Troviamo anche qualche riflessione su temi quali la parità di genere, le dinamiche di coppia e la leadership femminile e vediamo Caterina crescere nel corso della serie, imparare ad orientarsi e a farsi strada nel mondo nel quale si ritrova senza però perdere del tutto l’ottimismo e l’idealismo che la caratterizzano.
5. Normal People
Tratta dal romanzo omonimo di Sally Rooney, promessa della letteratura europea, Normal People è una delle serie più amate del 2020. Lo show, co-sceneggiato dalla stessa autrice, ruota attorno alla relazione tra il popolare Connell (Paul Mescal) e l’outsider Marianne (Daisy Edgar-Jones) e segue le vite dei due giovani a partire dalla fine della scuola superiore fino ai primi anni di università al Trinity College di Dublino. A determinare il successo di Normal People è la rappresentazione realistica, delicata e struggente della relazione tra due giovani adulti ancora in cerca della propria identità. Connell e Marianne sono due personaggi complessi con un enorme mondo interiore che devono cavarsela nell’elaborare i propri sentimenti e affrontare il futuro, per quanto incerto e spaventoso. Una caratteristica innovativa della serie è la rappresentazione del sesso: il consenso e la sessualità femminile sono trattati in maniera intelligente e realistica, rifuggendo da ogni tipo di stereotipo o presentazione didascalica.
6. I May Destroy You
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Nata in collaborazione tra BBC One e HBO, I May Destroy You è l’ultima serie scritta, creata e interpretata dall’autrice inglese Michaela Coel. Arabella, la protagonista, è una star di Twitter di origini ghanesi che vive a Londra. Dopo una nottata di festa, la donna si risveglia con un taglio sulla fronte e nessuna memoria degli ultimi eventi accaduti che cercherà di ricostruire assieme agli amici Terry ( Weruche Opia) e Kwame (Paapa Essiedu). I May Destroy You è una serie che affronta il tema della violenza sessuale con sincerità e attraverso un umorismo cupo, mostrando tutto il percorso che una donna deve affrontare in seguito ad un’aggressione. Arabella è una donna risoluta, coraggiosa e imperfetta e nella sua complessità rappresenta in modo esemplare il femminismo millennial: intersezionale, messy, contraddittorio ma anche feroce e combattivo.
7. Feel Good
Distribuita da Channel 4 e da Netflix, Feel Good è approdata sulla piattaforma streaming nel marzo di quest’anno. Scritto e interpretato da Mae Martin, lo show ruota attorno alla vita di Mae, stand-up comedian canadese a Londra e alla sua relazione con George, una giovane donna alla ricerca della propria sessualità. Feel Good segue Mae e le sue difficoltà con la tossicodipendenza, con la sua identità di genere e con i rapporti familiari e romantici. La serie, parzialmente autobiografica, è una ventata d’aria fresca nel panorama seriale contemporaneo, in quanto presenta senza superficialità temi delicati attraverso un umorismo tagliente, consacrando lo straordinario talento di Mae Martin.
Film
1. Emma
Delizioso remake del film ispirato al classico romanzo di Jane Austen (lo stesso dal quale è molto approssimativamente tratto Clueless) con la bravissima Anya Taylor-Joy (pre-Regina degli scacchi). Bellissimo dal punto di vista estetico, un vero piacere per gli occhi: palette zuccherina, costumi e ambientazioni perfetti e spesso coordinati, riprese precise ed estremamente appaganti. Un film dolce e leggero che parla di una giovane privilegiata che cerca di controllare tutto e tutti intorno a lei senza fermarsi a considerare che magari potrebbe non avere tutte le risposte. Ad un certo punto la giovane Emma deve inevitabilmente riconoscere i propri difetti e far fronte alle conseguenze che possono avere le sue azioni. Una lezione semplice ma anche una delle più utili, che ci ricorda di non smettere mai di interrogarci sul nostro comportamento e di ascoltare gli altri. C’è sempre qualcosa da imparare.
2. Sto pensando di finirla qui
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Uno dei film più bizzarri che abbia mai visto, scritto e diretto da Charlie Kaufman (Essere John Malkovich, Il ladro di orchidee , Se mi lasci ti cancello) con Jessie Buckley e Jesse Plemons. È quasi impossibile da caratterizzare e non voglio dirne troppo per paura di rovinarvi l’esperienza. Vedere questo film è infatti una vera e propria avventura, una giostra emotiva. All’inizio potrebbe sembrare un classico film indie introspettivo, sottotono: una ragazza apparentemente un po’ depressa va a conoscere i genitori del suo ragazzo (del quale non sembra essere particolarmente entusiasta). Ben presto però il film inizia a mutare, l’atmosfera si fa sempre più tesa, qualcosa non quadra. Iniziamo quindi a sospettare che si possa trattare di un thriller psicologico (e infatti il film viene listato come tale) ma il registro continua a cambiare nei modi più inaspettati e non smette di sorprenderci. Appena iniziamo a credere di sapere dove sta andando, ecco che cambia di nuovo tutto. Basta, non dico altro.
3. Palm Springs
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Brillante commedia con Andy Samberg e Cristin Milioti che riprende il classico tropo del loop temporale per il quale un personaggio si trova a dover rivivere sempre la stessa giornata (come ne Il giorno della marmotta). Riesce però ad adattare questo formato per raccontare una storia originale, attuale. È un film piacevole e abbastanza leggero che però ha anche un ché di esistenziale molto adatto al 2020. E soprattutto fa ridere davvero. Le battute, a volte anche piuttosto dark, sono molto riuscite e il cast (soprattutto i due simpatici protagonisti) è eccezionale. L’atmosfera, in partenza piuttosto banale, quotidiana (l’evento attorno al quale ruota la storia è un matrimonio) vira a tratti verso il surreale, in parte per via della location in mezzo al deserto della California, un posto apparentemente fuori dal mondo.
4. The Half of It
Scritto, diretto e prodotto da Alice Wu, The Half Of It è approdato su Netflix il 1 maggio di quest’anno. Rielaborazione di Cyrano de Bergerac di Rostand, il film narra la storia di Ellie (Leah Lewis), una giovane intelligente e studiosa che guadagna qualche soldo facendo i compiti in classe ai suoi compagni di scuola. Un giorno Ellie viene contattata da Paul, un giocatore di football, per scrivere delle lettere ad Aster, una ragazza della scuola di cui anche Ellie è infatuata: ella inizia così una relazione epistolare con la ragazza sotto le mentite spoglie di Paul. Come in Saving Face, la sua opera precedente, anche in The Half of It Wu affronta i temi dell’amore saffico e dell’immigrazione, ispirati alla sua reale esperienza di donna lesbica americana figlia di immigrati cinesi. Nel film ogni personaggio è tridimensionale e sfaccettato e anche le figure maschili vengono rappresentate come simboli di mascolinità non egemonica. The Half Of It è un teen drama tenero, romantico e decisamente da recuperare.
5. Unpregnant
Veronica (Haley Lou Richardson) è una diciassettenne del Missouri che scopre improvvisamente di essere incinta. Realizzando di non poter abortire nel suo stato senza il consenso dei genitori, organizza insieme all’amica di infanzia Bailey (Barbie Ferreira) un viaggio verso una clinica di Albuquerque. Scritto e diretto da Rachel Lee Goldenberg e basato sul romanzo omonimo di Tedd Caplan e Jenni Hendriks, Unpregnant è uscito su HBO Max nel settembre di quest’anno. Il film è un road movie al femminile a tinte LGBTQ+ divertente e ben scritto che affronta il tema del sesso, delle relazioni tossiche e dell’amicizia fra donne non mancando di lanciare anche critiche al conservatorismo statunitense. Veronica e Bailey, seppur molto diverse, durante il viaggio avranno modo di riallacciare -non senza difficoltà- il rapporto perso durante le superiori, riscoprendo di quella tenera sorellanza che le lega.
6. Kajillionaire
Scritto e diretto da Miranda July, Kajillionaire è uscito in Italia il 19 novembre scorso. Il film segue le vicende di Old Dolio (Evan Rachel Wood) e la sua famiglia, i quali cercano di guadagnarsi qualcosa da vivere compiendo furti e piccole truffe. Per riuscire a pagare l’affitto dell’ufficio dove vivono, i tre elaborano un piano criminale grazie alla vittoria di tre biglietti aerei. Durante il viaggio, la famiglia incontra Melanie (Gina Rodriguez), la cui presenza sconvolgerà gli equilibri. Ciò che July vuole trasmettere attraverso questo lungometraggio a tratti onirico è l’importanza anche qui dei rapporti femminili, necessari per la crescita personale e per la comprensione della propria identità. Il titolo del film si riferisce ad una critica che la regista fa anche alla società statunitense, troppo occupata a pensare a come diventare “kajillionaire” perdendo di vista ciò che conta davvero.
7. Nomadland
Basato sull’omonimo libro inchiesta scritto dalla giornalista Jessica Bruder, Nomadland è l’ultima opera di Chloé Zao vincitrice del Leone d’oro alla 77esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Il film, interpretato da Frances McDormand, narra la storia di Fern, una donna di sessant’anni che dopo la Grande recessione americana decide di attraversare l’ovest degli Stati Uniti con il suo furgone. Durante il viaggio Fern fa conoscenza di altri personaggi che hanno deciso di vivere ai margini della società come nomadi moderni. Il lungometraggio di Zao, tra i nomi più quotati per gli Oscar 2021, è un poetico studio su un personaggio coraggioso e originale.
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