Kube rappresenta ogni donna e proprio per questo Federica mi è subito balenata in mente come proposta di questa settimana. Una donna che si è fatta avanti lottando con le unghie e con i denti, cercando in ogni modo di perseguire il proprio sogno che è riuscita a raggiungere.
Una tua piccola biografia
"Mi chiamo Federica Caiazzo, ho 28 anni e sono “una terrona che ce l’ha fatta”. Il primo articolo che abbia mai scritto, per puro divertimento, parlava di femminismo e fu pubblicato su un giornalino del liceo quando avevo solo 17 anni. Da quella pubblicazione capii che avrei voluto fare la giornalista. Nel 2011 aprii Fashion Collision, il blog di moda, viaggi e carriera che segue le mie avventure sin dal principio. Sono sempre stata appassionata di cultura anglosassone quindi, dopo la laurea specialistica in lingue, mi sono trasferita a Londra per studiare Fashion Media e ci sono rimasta per fare gavetta. Tra gli stage di redazione, annovero le riviste di lusso British Vogue, Harper’s Bazaar, Grazia UK, BRIDES, House & Garden. Oggi vivo a Salerno, la mia città natale, dove lavoro come libera professionista e contributor di Elle.it. Torno a Londra due volte l’anno, per la settimana della moda: la libertà espressiva che respiro lì non la trovo in nessun’altra parte del mondo. Sono tanto glamour quanto zen: quando non viaggio per lavoro, mi trovi in giro nel mondo per piacere personale. E le mete che scelgo sono quasi sempre destinazioni che mi riconnettono con la natura. Te ne accorgi dalla mia valigia, che in un attimo mi trasforma da fashion editor a travel reporter: less is more. Passaporto, taccuino, macchina fotografica e via."
Descrivi cosa significa per te il fallimento:
"Il fallimento è per me qualcosa da celebrare. Un modo per riprogrammare noi stesse, le nostre priorità. Per comprendere i nostri limiti (e come superarli la prossima volta). È un’opportunità di riflessione e introspezione. A volte fa male, lo so. Ma spesso il fallimento ci aiuta anche a crescere e a diventare più forti."
Pensi che il fallimento aiuti una persona oppure no? Descrivici dei tuoi momenti no e come questi ti abbiano aiutata a rialzarti e perseguire i tuoi sogni.
"Certo, il fallimento aiuta nel momento in cui ci aiuta a vedere la realtà delle cose. Essere determinati va bene, ma essere testardi (o peggio ancora, ossessionati) no, altrimenti si innescano meccanismi mentali diabolici.
Un momento no di cui adesso sorrido? Un programma di stage a Pechino, in Cina, nel 2015. Tramite un’organizzazione internazionale ottenni uno stage in una piccola azienda di moda cinese: ero disperata perché ero completamente abbandonata a me stessa, non ricevevo compiti e, per quanto provassi a chiederne, il mio referente era sempre fuori ufficio. Dopo una settimana di “lavoro”, ero disperata: io, sola, dall’altra parte del mondo con un programma di stage che non mi stava insegnando nulla. Così decisi di crescere ancora una volta attraverso le difficoltà: scrissi un’accorata lettera al capo dell’organizzazione internazionale che mi aveva mandato in Cina spiegando che era mio diritto apprendere qualcosa prima del mio rientro in Italia. Il giorno dopo mi procurarono il colloquio in un emittente televisiva, lo superai e la settimana successiva fui inserita in un altro programma di stage. Questo per dire: fate valere sempre le vostre idee, non arrendetevi anche quando tutto vi rema contro."
![](https://static.wixstatic.com/media/1d558f_22bf0f0e4a204f1f9104b248ecdf6915~mv2.jpg/v1/fill/w_980,h_653,al_c,q_85,usm_0.66_1.00_0.01,enc_auto/1d558f_22bf0f0e4a204f1f9104b248ecdf6915~mv2.jpg)
Che studi hai compiuto nel corso degli anni? Credi che un determinato indirizzo di studio determini la bravura di una persona in quel campo?
"Studiare è importante, punto. Ma la gavetta è la vera palestra di vita. Personalmente, i miei studi all’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” (dove ho conseguito triennale e specialistica) mi ha dato modo di apprendere due lingue straniere essenziali: l’inglese e il cinese. Credo non si possa pensare di diventare giornalisti senza conoscere (bene) almeno una lingua. Nel mio caso, conoscere la cultura cinese mi aiuta molto quando scrivo di moda in Cina: è tutto assai più complesso di quel che sembra. A darmi un’idea approfondita della fashion industry poi è stata anche la mia esperienza di studio a Londra: dopo la laurea sono stata ammessa al Condé Nast College, così mi sono trasferita nel Regno Unito per specializzarmi in Fashion Media. Ma, di nuovo, la bravura non deriva sempre (solo) dalla teoria: la mia esperienza sul campo è iniziata a 19 anni, quando ho iniziato a collaborare gratuitamente per alcune testate. E la gavetta è continuata a Londra, dove ho avuto l’onore e la fortuna di poter fare stage nelle più prestigiose riviste di lusso."
Cosa consiglieresti alle giovani donne di oggi che vogliono buttarsi in una nuova avventura?
"Cosa state aspettando?!? Certo, è vero, la risposta dipende comunque dal tipo di avventura. In genere ciò che blocca le persone è la paura di non farcela: tranquille, attraversiamo tutte quei momenti. Ma quando un sogno è più forte di ogni altra cosa, c’è sempre una piccola scintilla dentro di noi che ci spinge a saltare e lanciarci. È importante credere in sé stesse e nelle proprie capacità, continuare a farlo anche nei momenti no. Restate focalizzate sugli obiettivi, visualizzateli. Se vi aiuta, create un moodboard o scriveteli su un foglio. La visualizzazione è fondamentale per costruire un percorso organico."
Come sei entrata a far parte del team di Elle? Cosa intendi comunicare con i tuoi articoli?
"Sicuramente le esperienze di stage nelle redazioni di British Vogue e Harper’s Bazaar a Londra sono state ottime carte di presentazione sul mio CV. La mia fu una candidatura spontanea: ero ancora a Londra, ci furono dei colloqui telefonici seguiti da quelli in sede. Credo molto nel potere delle lettere di presentazione nelle candidature spontanee: un CV è solo una banca dati se non è corredato da una lettera che, con capacità di sintesi, spieghi effettivamente perché tu voglia quel determinato lavoro. Ad agosto saranno già due anni di collaborazione continuativa: sono molto grata alla redazione per l’opportunità: non la vedo come un punto di arrivo, ma come una continua fonte di crescita.
Quanto ai miei articoli, tratto temi disparati e a me cari quali moda, bellezza, cultura, celebrità, femminismo. Cerco di convogliare sempre messaggi utili che vadano oltre il superfluo. Lo slogan di ELLE, d’altronde, è "l'ironia nelle cose serie, la serietà nelle cose frivole". E per me è ogni giorno un onore poter dare voce a questo slogan attraverso le mie parole."
Vedo che sei molto appassionata di Yoga. Raccontaci come è iniziata questa tua passione.
"Ho iniziato a praticare yoga quando ero a Londra e ho continuato una volta rimpatriata. Nella mia città, Salerno, è nata una sintonia energetica con la mia guru (Rita Cariello di Devayoga, se posso ringraziarla!) e ho deciso di addentrarmi in uno studio più dettagliato. Può sembrare solo una tendenza lifestyle, ma chi cerca di farlo consapevolezza sa di essere lontano mille miglia dall’idea comune di “stretching in sanscrito”. Praticare yoga con consapevolezza significa esercitarsi a portare la pratica dal tappetino alla quotidianità della vita, un esercizio che lo yoga premierà sempre. Non parlo solo di benessere mentale e fisico, ma di una visione della vita completamente ridimensionata. Un esempio è il mondo della moda: tutti vogliono essere tutti, tutti desiderano continuamente avere nuove cose. Ma se entri nella filosofia yogica impari davvero ad apprezzare ed essere grato per tutto ciò che – già! - hai. Come anche a rispettare il prossimo e a non metterti in competizione in modo malsano. Ritrovare i miei valori etici nella filosofia yogica mi fa sentire meno fuori luogo, mi dà un senso di appartenenza: non sono mai stata una stronza (ops, l’ho detto!), e spero davvero che le donne possano imparare e capire sempre più che cooperazione e empatia sono grandi ricchezze.
PS. Ho iniziato un corso della durata di due anni per diventare istruttrice di hatha yoga. Mi sono regalata un nuovo sogno in vista dei 30 anni: come vedete, non è mai tardi per intraprendere nuovi progetti."
Descrivi la tua routine giornaliera e come riesci a essere produttiva.
"Cerco di rendere produttiva la mia giornata organizzando bene i tempi e gli impegni. La mattina scrivo e mi occupo dei pezzi che mi vengono assegnati. Il giornalismo digitale verte su penne veloci, bisogna stare sul pezzo: non c’è tempo per posticipare, quindi la mia giornata inizia scrivendo. Quando ho consegnato tutto (in genere nel primo pomeriggio), inizio a dedicarmi ad altri progetti, come la mia collaborazione con Italian Fashion Talent Awards in qualità di ufficio stampa. Sono una libera professionista e smart worker a pieno titolo: lavoro da remoto, gestisco io i miei tempi a seconda delle priorità e dei risultati da raggiungere. Spesso utilizzo spazi in co-working, altre volte lavoro da casa. Inoltre, per la produttività: via i social media e ogni fonte di distrazione. Sì alla musica jazz o zen (senza parole, perché le parole mi distraggono!). La produttività è anche frutto di uno stile di vita sano: non salto mai il pranzo e vado a dormire a un orario decente per essere in forma ed energica al mattino. Infine, almeno tre volte a settimana concludo la mia giornata praticando yoga. Namastè."