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A proposito del South working


Photo By: Newdarlings

Al centro del dibattito c’è ultimamente il tema del south working ovvero la scelta di molti meridionali di lavorare al sud in modalità lavoro agile a causa del Covid. La questione è che lavorare da Positano o Lecce piuttosto che a Milano piacerebbe a

tutti, ma allora perché disturba così tanto che il meridione si sia “ripreso” per

qualche tempo migliaia di cervelli in fuga che dalla loro terra hanno scelto di

lavorare al nord? C’è che, ultimamente, il vero interrogativo è se ha ancora senso

parlare di un modello Milano, specie alla luce delle performance zoppicanti che la

città guidata da Sala ha dimostrato dallo scoppio della pandemia. Un esempio tra

tutti? La cattiva gestione del sistema sanità, per il quale l’Italia tutta ha dovuto

scontare una pena carissima da marzo in poi.


E allora, con le periferie come Lampugnano e Gratosoglio ancora dimenticate, piste ciclabili promesse e non mantenute, e idee green (che vanno tanto di moda) come la riapertura dei Navigli ormai caduta nel dimenticatoio, cosa rimane di tutte le promesse fatte all’indomani di Expo? Per la “città che ama definirsi la più europea d’Italia” sono tempi duri, soprattutto perché per molti meridionali (o provinciali come li definisce un articolo di Rivista Studio) la domanda sembra essere una sola: che senso ha pagare più di 500 euro per una stanza in centro a Milano quando si può lavorare da casa in qualunque città d’Italia performando allo stesso modo se non anche meglio? Perché rimanere attaccati a metropoli dai prezzi esorbitanti se alcuni uffici rimangono chiusi? Certo, come dice il suddetto articolo di Rivista, se viviamo a Milano ci sarà un perché, e questo perché è stato finora il mito di un’efficienza che scricchiola già da un po’.


Chiaro, far muovere migliaia di persone ogni giorno crea un indotto economico non indifferente si intende, e questo Sala lo sa. Ma i tempi cambiano, e forse è arrivato il momento di gestire Milano senza dare per scontati tutti i finanziamenti e i bandi che finora il comune ha ottenuto grazie alla sua abilità di creare un brand ad hoc…E vallo a dire tu a un siciliano, pugliese o napoletano che nel corso di una pandemia ancora non bene identificata dovrebbe rinunciare al suo maritozzo al cioccolato vista mare per non privare Milano di quei migliaia di lavoratori che alimentano le sue casse ogni anno. E il costo e la qualità della vita?

Perché si, gli stipendi al nord rimangono sempre gli stessi ma gli affitti immobiliari

per gli studenti non accennano a diminuire e incombono come una spada di

Damocle onnipresente. Ma guardiamo l’altra faccia della medaglia.


C’è chi prova a cambiare le regole del gioco, vedendo per le università del Sud un’opportunità di rilancio. Come Elena Militello, 27 anni, ricercatrice dell’Università del Lussemburgo nata a Palermo, che ha lanciato l’iniziativa “South Working” con lo scopo di incentivare le aziende italiane ed estere a non costringere i propri dipendenti ad andare fisicamente in ufficio. Lavorare dalle isole Eolie, volete dire? Si, sembra assurdo, ma forse è arrivato il momento di smetterla di dire che il Nord può essere il solo motore economico dell’Italia e cullare i nostri cliché sulla cosiddetta questione meridionale che ha più anni di Pippo Baudo.

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