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Anche gli uomini soffrono di disturbi alimentari ma perchè nessuno ne parla?


Ho incontrato Minestrino qualche mese fa facendo zapping su instagram. Appena ho visto il suo profilo ho voluto scrivergli per incontrarlo: lo volevo conoscere.

Il luogo comune vuole che la nudità maschile sia sempre forte, rigida come il suo fallo. Ho trovato irriverente, divertente e coraggioso il suo modo di rompere l’idea di “giovane macho”.

Parlare con Minestrino è stato scoprire problematiche di cui raramente sentiamo parlare sui ragazzi di sesso maschile.



"Ciao, son Minestrino, a breve toccherò i trent’anni: con tutte quelle ansie e rimorsi che anche questo "traguardo" porterà con se (come se non ne portassi già abbastanza nel mio bagaglio)

Al momento son impiegato in un call center, mi occupo di assistenza per vari servizi di un'azienda. Prima di questo macello invece mi occupavo di movimento carico in aeroporto, vedevo gli aeroplani arrivare e ripartire mentre io rimanevo sempre nello stesso posto, che è un po' la metafora di questa vita.


Esco dall'ennesima separazione sentimentale, che ancora una volta mi fa chiedere cosa ci sia di sbagliato, cosa ci sia che non riesca a completare o fare in maniera "consona", se davvero ci sia una maniera consona, e se davvero non c'è come mai gli altri sembrano riuscirci con così tanta facilità? Son pensieri che mi accompagnano da oramai così tanto tempo che per quanto uno li riconosca essere intrusivi e dannosi è sempre più difficile potercisi allontanare."





Cos’è per te un rapporto sessuale?


"È paura, ed è timore.

È un ostacolo difficile che mi provoca non pochi problemi, che non so come affrontare e che da sempre mi ha portato ad evitare rapporti umani con la paura che ivi sfociassero. Nonostante da una parte bramassi il contatto umano, la validazione ed il calore, dall'altra la paura che inevitabilmente fosse quello l'obiettivo della persona che avevo accanto mi ha sempre fatto tirare indietro, con conseguenti rapporti che si andavano a rovinare.

Ci son stati episodi, durante un periodo della mia vita in cui l'alcool era un bisogno ed un abuso primario giornaliero.

Ho avuto appena una manciata di partner sessuali stabili nella mia vita, e per ognuno il percorso per potervi arrivare è stato di spiegazioni su spiegazioni perché è per me una problematica così complessa che non vedo come potrei spiegarla brevemente.


È una matassa di ragioni, delle violenze subite da bambino, anni ed anni di psicofarmaci i cui effetti collaterali erano principalmente perdita dell'appetito sessuale ed anorgasmia. Mi sono sempre chiesto se mi chiedo spesso perché collaterali siano il prezzo da pagare.


Sono affetto da disturbi alimentari fin dall’infanzia.


La metafora della mia vita? Un bambino che ridendo verso l'acqua sul bagnasciuga, solo per poi all'ultimo girarsi e correre via terrorizzato dalle onde che arrivano.

Una vita di spiegazioni da dare, una vita di colpe da darsi.

E qui è il momento in cui uno dovrebbe dire a propria discolpa: “no ma no ma non è che non sappia scopare ao io scopo duro scopo durissimo”. È solo che non so mai riuscito a raggiungere l'orgasmo insieme a qualcuno, o per meglio dire grazie a qualcuno. E quando tutto quel lavoro non porta da un beneamarito niente, ad un certo momento la necessità viene meno. Quando addirittura la persona che hai accanto mette in discussione se stessa, come potesse essere lei la causa di questa mancanza, e tutta la rabbia e le frustrazioni che ne susseguono.

È difficile instaurare rapporti sentimentali profondi quando una delle cose alla base di molte relazioni viene meno."




Lo scrittore austriaco Jean Améry nel suo libro del 1976 dice: «Peso è il nostro corpo che, se da un lato ci porta, dall’altro siamo noi a dover portare». Che rapporto hai con il tuo corpo?(Bulimia)


"Il mio corpo è uno scarabocchio. Ed in quanto scarabocchio è mio obiettivo ricoprirlo. Non con vestiti, ti sarai accorta subito non ho problemi a mettermi in mostra. Voglio solo coprirlo d'inchiostro. Voglio quanto meno della mia pelle possa trasparire agli occhi di chi mi guarda.


Soffro di disturbi alimentari fin dall'infanzia, ma con due forti malus.


Il primo è che son nato di sesso maschile, e che quindi ti pare un maschio possa soffrire di disturbi alimentari? Quelle son robe da donna! “Vanesie queste donne, che stanno sempre attente alla linea e a come devono apparire”.


Il secondo è che la bulimia non è un disturbo alimentare che si dà a vedere con facilità, di conseguenza non suscita l'impatto visivo come altri disturbi di carattere alimentare.

Non è visto come un problema imminente, non vi è data la priorità perché non viene messo sullo stesso piano degli altri.


Solo recentemente son riuscito a trovare un centro specializzato che mi accettasse, in quanto uomo ed in quanto affetto da dca.


Il punto è che anche solo cercare aiuto è denigrante e all'apparenza, senza via d'uscita.

La prima volta che il mio psichiatra mi disse,"chiamiamo un centro per i dca prova a fare accettazione", dall'altro capo del telefono trovai una persona incredula dal fatto che stessero proponendo un uomo per un percorso sui dca, e che più volte ha chiesto conferme, prima a me poi al mio psichiatra, se davvero stessimo proponendo un uomo. E quando alla fine riuscii a fare l'accettazione mi trovai davanti un quattrocento domande impostate solo sui dca di carattere femminili, mi chiedevano del mio ciclo, delle mie cosce, del mio seno e quanto valore dessi a me stesso davanti allo specchio.


Ed una volta completati il responso fu non possiamo aiutarti, non siam formati per dca su soggetti maschili ed in più il 100% dei pazienti in ricovero e day hospital ed in ricovero erano di sesso femminile, e non avrebbero saputo come introdurmi.


Alla fine ho trovato un centro che mi ha accettato (con tanto di diploma d'esenzione come certificazione) ma con riserve mi disse la primaria, perché la mia bulimia è si una bulimia, ma evade gli schemi classici che son abituati ad affrontare. Le mie cosce non le vedo grandi, non ho problemi a guardarmi allo specchio. Vomito perché non son abituato e non son in grado di gestire le mie emozioni, e l'atto di vomitarle è in se gesto di pulizia, espello insieme al cibo quello che non riesco a controllare. Ancora, ed ancora. Un rituale. Che come una piovra si aggrappa a tanti altri aspetti della mia sfera emotiva e personale, e che ivi preme e fa forza, traendole a se."

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