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Dopo un viaggio in Erasmus a Parigi, la vita di Carolina cambia. Tornata a casa, apre per gioco Rome is More, una pagina ironica su Instagram dove traduce i detti romani in inglese. Rome is More oggi è un fenomeno mediatico, contando 287.000 followers e numerose collaborazioni e progetti incentrati sul diffondere il patrimonio culturale italiano. Qualche mese fa ho intervistato Carolina che mi ha raccontato la genesi della pagina, il suo coraggio nel cambiare i propri piani e il grande amore per la sua città. Ciao Carolina, com’è nato il progetto di Rome is More?
Il progetto è nato dalla mia voglia di voler avere qualcosa di mio, ho sempre avuto passione e necessità di avere un progetto mio da curare ed è una cosa che mi sono portata dietro negli anni. Lavoravo in un’azienda di abbigliamento come responsabile marketing quando è nata Rome is More, ho deciso dopo un anno che lavoravo lì di creare questa pagina per sfogo personale. L’idea era nata quando ho fatto l’Erasmus e mi son trovata più volte nella condizione di dover spiegare detti romani ed era una cosa che effettivamente mi faceva un sacco ridere e con cui ho continuato a scherzare con un’amica che tuttora sento che stava lì con me. Evidentemente questa cosa mi è rimasta e ho pensato “ora la faccio diventare una pagina, vediamo che succede”. All’inizio però non credevo che sarebbe esplosa così rapidamente e che in così poco tempo avrebbe avuto questa forza, è stata una sorpresa anche per me.
Ti sei laureata in Architettura, ma poi sei passata al mondo della comunicazione e del Digital marketing, sei soddisfatta di questa scelta coraggiosa?
Io tutt’ora sono soddisfatta e dico sempre che se tornassi indietro rifarei architettura, sapendo comunque che non farò l’architetto, è una facoltà che mi ha insegnato tantissimo per il mestiere che faccio. So che sembra strano ma è così, perché architettura in qualche modo -sia per il fatto di insegnarti a gestire un progetto di architettura, che può essere applicato a qualsiasi tipo di progetto, come anche l’utilizzo di software sul computer- è anche una facoltà molto pratica. Non avrei saputo utilizzare il computer e certi programmi se avessi fatto per esempio Scienze della comunicazione o Economia, se non avessi saputo usare Photoshop Rome is More non sarebbe mai nata, avrei dovuto trovare un’altra persona a cui far fare le cose… invece quando riesci a gestire tutto tu riesci a far partire un progetto tuo senza dover coinvolgere troppa gente e far rischiare che la cosa sfumi. Non è stata presa benissimo all’inizio questa mia scelta di cambiare percorso professionale, anche i miei amici e i miei genitori quando dicevo questa cosa mi guardavano come dire ma perché? sei sicura? Io comunque avevo capito che volevo far quello quindi cercavo di fare di tutto per formarmi e fare quel lavoro e ho preso dei Master specifici. Anche prima di ciò comunque seguivo dei progetti miei, mi attivavo, leggevo sui blog di settore di Digital marketing. Ho sempre fatto tutto da sola, da poco ho due ragazze che collaborano con me e piano piano sto cercando di crearmi un team.
Da poco è anche uscito il tuo libro, Veni Vidi Daje, com’è stata questa esperienza da scrittrice?
Allora più che un libro è una raccolta, mia madre quando mi era arrivata la proposta del libro diceva a tutti con orgoglio “Mia figlia sta scrivendo un libro!”. Mia madre ancora non ha capito che faccio, ogni volta che mi dicevano questa cosa del libro dicevo ironicamente “sì sì sto scrivendo un romanzo storico di grande levatura”, in realtà alla fine più che un libro è una raccolta dei post di Rome is More con aggiunte inedite e piccole spiegazioni dell’etimologia di alcune parole. Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere, se me lo avessero detto non avrei mai creduto che in libreria ci sarebbe stato un libro col mio nome sopra.
Cos’è oggi imprescindibile per creare un progetto di successo sul web?
Sicuramente l’originalità che tende a mancare sempre, vediamo tanti cloni di buone idee, è raro trovare qualcosa di proprio wow e la perseveranza di portarla avanti, un problema in cui mi sono trovata anche io però! Quando decidi di partire con un progetto online la cosa difficile è farsi un piano a monte e rispettarlo, non tanto la parte in cui crei un piano, ma più quella in cui lo devi seguire perché all’inizio non sai che prospettive ti dà come progetto. Io sono partita a farlo davvero senza pensare che sarebbe diventato un lavoro, lo facevo per pura passione e questo mi aiutava a portarlo avanti, però non è facile trovare la spinta per continuare. Magari ci sono momenti in cui sei immerso tra milioni di cose ed effettivamente dici “ma tutto il tempo che ci sto dedicando mi darà frutti?”. Dipende dal perché lo fai, quello ti aiuta tanto. Io lo facevo perché veramente mi serviva per sfogarmi, mi dava soddisfazione a livello personale a prescindere dai numeri e dai risultati sul pubblico che sicuramente aiutano perché fanno piacerissimo, ma se lo fai per una spinta personale sicuramente anche gli altri lo vedono, c’è un altro coinvolgimento anche del pubblico rispetto a se fai tutto a tavolino.
Kube -proprio come Rome Is More- è una piattaforma che nasce e si sviluppa a Roma, quanto è difficile secondo te per noi giovani avere opportunità in questa città? Pensi che si possa cambiare in qualche modo la situazione?
Roma è una città molto complicata e non ti nascondo che per un periodo della mia vita ho pensato di non continuare a vivere qui perché sapevo che con il lavoro che facevo avrei avuto molte più opportunità fuori. Avrei vissuto malissimo un trasferimento per lavoro però, perché ti dico la verità sarebbe stato l’unico motivo per cui me ne sarei andata. Detto questo, quello che ho pensato però è che era giusto crearmi delle opportunità e siccome Roma non te le offre di base, a parte che in generale nella vita nessuno ti offre nulla, devi lavorare tanto e guadagnarti le cose, in questa città in particolare le opportunità te le devi riuscire a creare. In qualche modo è un ambiente anche favorevole, secondo me è un ambiente dove le persone sono molto spontanee e si riesce a lavorare tanto sulle relazioni umane, magari in altri posti non si riesce tanto a farlo, per esempio più al nord magari risulterebbe più difficile. A Roma bisogna sfruttare tanto le relazioni interpersonali, costruire legami con le persone e crearsi delle opportunità grazie anche a questa cosa. A me non è riuscito tanto bene e ho sempre preferito far parlare le cose che facevo al posto mio, non mi piace andare io a mettermi, mi piace invece che ci sia qualcuno che vede quello che ho fatto e dice “wow che bella questa cosa, chi l’ha fatta?” e scoprirmi così. Non è nel mio carattere, però è importante saper fare anche quello, è una cosa che bisogna imparare e a Roma secondo me è una risorsa fondamentale. Poi certo il panorama è quello che è, le aziende a Roma sono di un certo tipo, abbiamo tanti ministeri, tanto pubblico, le aziende private ci sono ma i settori che ci sono possono essere l’automotive, la tecnologia, diversi da quelli che interessavano a me tipo il fashion che stanno più a Milano o in Europa… dipende sempre da quello che vuoi fare però secondo me non è una città che non ha nulla da offrire anzi, è solo una città in cui è più difficile trovare le opportunità giuste.
Mi hai detto che hai fatto l’Erasmus, nelle tue esperienze all’estero cosa hai notato di diverso da Roma e in cosa pensi che ti abbia arricchito muoverti dall’Italia anche in relazione a un progetto che comunque tu porti avanti sulla tua città?
Io credo che le esperienze che ho fatto all’estero mi abbiano dato davvero tanto a livello personale. Io sono dell’idea che un po’ tutti quando cresciamo in un contesto ci abituiamo molto a come gli altri ci guardano e in qualche modo anche se noi dentro cambiamo è come se il contesto che abbiamo intorno continui a farci rimanere fermi. Ciò che mi ha dato di più l’esperienza all’estero è stata la libertà di conoscermi meglio al di fuori di quello che era il contesto abitudinario familiare, sociale, universitario, il fatto di non avere un passato lì. Era tutto nuovo, era nuovo il posto, ero nuova io e le persone che conoscevo. L’estrema sensazione di libertà che mi ha dato questa cosa mi ha permesso di ascoltarmi di più, di capirmi di più e lì ho capito che non volevo fare l’architetto, proprio durante questa esperienza. È una cosa che mi sento di consigliare a chiunque a prescindere dal posto in cui lo fai. Io l’ho fatto a Parigi, un posto che non è una meta dove andavi per fare festa insomma, ho sempre avuto una passione per la Francia che è una meta un po’ più introspettiva da questo punto di vista. È un’esperienza che ti dà tanto dentro se sei pronto ad accoglierla e lì ho avuto il momento in cui ho pensato “vorrei fermarmi qui” perché mi è era piaciuto talmente tanto quello che avevo trovato lì. Non era tanto il posto, ma quello che ero io a Parigi e ho cercato di portarlo anche a Roma, riportare quella parte di me a casa.
Da qui come ti sei mossa nel pratico?
Io ho capito che volevo fare qualcosa legato al Digital e alla cultura, ho avuto sempre questa grande passione, per assurdo nonostante io sia laureata in architettura conosco meglio l’arte perché ho sempre avuto una grande passione per l’arte moderna e quindi ho sempre girato tanto nei musei. Per me Parigi è stata un’apoteosi perché potevi girare ovunque gratis, potevi entrare in tutti quei musei stupendi, quindi quello che ho fatto tornando è stato aprire un blog su Wordpress, ai tempi era quello più utilizzato, dove raccontavo Roma come avevo vissuto io Parigi. Io quando ero a Parigi avevo un taccuino dove scrivevo tutti i posti che mi piacevano e i posti che scoprivo e anche quando venivano le persone a trovarmi oppure anche quando le persone dopo che ero tornata mi chiedevano consigli, gli mandavo le foto di questo taccuino per indirizzarli un po’. Quindi ho pensato, perché non faccio questa stessa cosa per la mia città che vivo e che conosco? A me piace tanto scoprire questi posti particolari, quindi ho aperto questo blog dove consigliavo ai romani dove andare a Roma. Questo perché noi romani siamo molto abitudinari e non andiamo alla ricerca di posti nuovi, invece Roma ha un sacco di cose da offrire, peccato che non siano promosse bene. Quindi ho iniziato a fare questa cosa del blog con i relativi social, Instagram e Facebook e devo dire che aveva preso abbastanza piede. Da lì ho iniziato a lavorare, a capire e conoscere meglio il mondo del Digital lavorandoci nel pratico ma quella non fu mai una cosa che mi diede lavoro. È una cosa che facevo veramente per hobby ma non si è mai trasformata in quel momento, era troppo presto, i social non funzionavano come adesso quindi riuscire a monetizzare quello che io facevo attraverso gli articoli sul blog era un momento che non andava bene, le persone non erano pronte a pagare per fare questo determinato tipo di cose. E quindi io lo facevo così, gratis, perché mi piaceva e mi divertivo, però c’era tanto lavoro dietro quindi l’ho dovuto chiudere e non è più attivo da 5 anni, da quando ho iniziato a lavorare in agenzia full time.
Quanto ti ha aiutato inserirti nel mondo del lavoro attraverso stage ed esperienze anche con il Master?
È un po’ difficile perché io ho vissuto questa situazione anche sul lato famiglia, perché noi abbiamo una forte percezione di quello che è il mercato del lavoro attualmente. Noi sappiamo che oggi riuscire ad avere un contratto banalmente è molto difficile, si tende a lavorare o per stage, tirocini o con partite iva, ritenute d’acconto, modalità molto meno tutelate a livello contrattuale. Tutte cose che nella mentalità dei nostri genitori non sono concepibili. Ricordo benissimo le prime esperienze lavorative che facevo e ricordo i miei genitori che mi tartassavano per ‘sto contratto. Io provavo a spiegare “mamma non funziona così, adesso il mercato del lavoro non è come quando hai iniziato a lavorare tu”. Il primo consiglio che do quindi è ascoltare i genitori ma con moderazione, ricordiamoci sempre che vengono da un momento storico molto più florido del nostro dove le possibilità erano altre e quindi prendiamo le nostre decisioni anche consapevoli di questo perché poi è inevitabile che la famiglia ti influenzi in qualche modo, no? Dico questo perché mi è capitato non solo personalmente di vedere tante persone che hanno rinunciato a opportunità per questo motivo perché la famiglia è importante e in qualche modo ti condiziona. Invece per quanto riguarda la gavetta bisogna mettersi l’anima in pace perché all’inizio il guadagno non è economico ma di competenze. Io alla prima esperienza lavorativa che ho avuto in agenzia prendevo un rimborso spese quindi i primi 6 mesi guadagnavo tra i 600 e gli 800 euro, ancora studiavo, avevo possibilità di orari, per me quella era formazione, lavoravo, producevo, però venivo anche formata. Quello che non dobbiamo scordarci quando iniziamo un lavoro è che dal lato dell’imprenditore, di chi ti sta assumendo -ora lo capisco meglio- tu come figura prima di essere pagata devi riuscire a produrre per quell’azienda sennò viene proprio meno l’equilibrio interno del guadagno. Non è che una volta che hai ottenuto un contratto o qualcosa di cui sei soddisfatto finisce lì, devi sempre fartela la domanda “Ma io quanto produco col mio lavoro? Quanto faccio guadagnare la mia azienda? Mi sta bene il mio salario rispetto a questo?” se la risposta è sì va bene, se la risposta è incerta allora bisogna tornare a contrattare. Quindi quando si tratta di gavetta ti ripeto sì, mettiamoci l’anima in pace che va fatta però senza farsi sfruttare, senza esagerare, nel senso che bisogna darsi un tempo ed essere oggettivi sulla comprensione di cosa si sa fare e di cosa si può produrre per il contesto in cui si lavora. Mai svalutarsi, questo è importante.
Per quanto riguarda il percorso imprenditoriale, cosa diresti ad una ragazza che vorrebbe seguire i tuoi passi?
Sicuramente devi lavorare per un imprenditore. È importantissimo conoscere l’altra faccia della medaglia. Essere dipendente ti aiuta ad essere capo, perché capisci meglio le dinamiche interne di un ufficio, come funzionano anche tante cose, più esperienza fai, più posti di lavoro cambi, più punti di vista puoi collezionare per il tuo futuro se il tuo obiettivo è quello di fare l’imprenditore. Per fare l’imprenditore ci sono cose che non vengono dette abbastanza, tipo che non è così bello come sembra. L’ imprenditore è una persona che fa un’impresa non solo nel senso di azienda, ma anche proprio nel senso che è difficile costruirla e dare lavoro a qualcun altro, essere in grado di guadagnare al punto da poter far guadagnare qualcun altro con te e per te e sostenere questo peso a livello morale e personale. Per esempio, io prima di assumere qualcuno mi faccio mille pensieri non solo se posso assumerla economicamente, ma mi chiedo anche se quella persona ha una famiglia, un ecosistema da reggere, mi chiedo la posso assumere adesso? Se faccio una scelta errata poi la metto in difficoltà dopo perché non posso sostenerla, queste sono tutta una serie di valutazioni che un imprenditore fa che sono legate non solo ai dipendenti ma anche proprio alla costituzione della società. È una vita molto solitaria quella dell’imprenditore perché nonostante lavori con altre persone poi la responsabilità principalmente la senti tu, sono pesi importanti, sei tu che hai sempre la visione completa del quadro, non è facile ma se riesci ad avere il carattere puoi farcela, io per esempio non so se io ho quel carattere lì. Faccio scelte totalmente antieconomiche che un imprenditore non farebbe mai, mi affido molto anche al mio lato emotivo. Dipende sempre da tanti piccoli aspetti però non è una vita così semplice, non hai orari il che può essere positivo o anche estremamente negativo, dipende se sei tipo me che lavorerei anche il sabato o la domenica. Non hai ferie, sei tu che ti dai le ferie ma quando sei il capo non te le dai le ferie, sai che se non lavori tu il lavoro si ferma. Ci sono quindi tutta una serie di dinamiche da conoscere, sicuramente per fare questo lavoro è importante conoscere degli imprenditori, lavorare per loro, vedere come lavorano e come ragionano. A me ha insegnato tantissimo l’ultima esperienza lavorativa che ho avuto perché l’azienda di abbigliamento per cui lavoravo è stata formata da un grande imprenditore, un uomo che ha fatto davvero tutto dal nulla e che mi ha dato degli insegnamenti preziosissimi su quello anche solo guardandolo, era impossibile beccarlo per 5 minuti fermo, però solo guardando riuscivi veramente a capire cosa c’era dietro quello che aveva costruito per far lavorare le persone, sostenere tutti i negozi. Sicuramente è importante fare delle esperienze a contatto con dei personaggi che hanno fatto quello che vogliamo fare, questo è fondamentale.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Non ti nascondo che i miei progetti di quest’anno sono un po’ saltati con tutta la situazione Covid. Avevo in mente delle cose che non riuscirò a fare, ma che rimanderò semplicemente. Sto però studiando una maniera per uscirne con altro, quindi il mio progetto per quest’anno da che era realizzato sul discorso prodotto e negozi adesso è virato sul discorso di contenuti. Quest’anno l’obiettivo per me sarà far uscire contenuti nuovi su Rome is More, anche più sul lato vita a Roma, cultura, posti dove andare… vorrei concentrarmi su questo tipo di contenuti qui. Sto lavorando ad un’altra pagina che si chiama invece Italian Says dove raccontare anche lì il patrimonio immateriale, questa volta parlando proprio di Italia in generale non più solo Roma, piano piano voglio portare avanti questi due goals, vediamo che succede.
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