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Nella storia della musica, il blues è stato uno dei primi strumenti utilizzato dalle donne per avere un pieno controllo sulla propria sessualità.
Erano donne, nere, figlie o nipoti di schiavi, che, negli oscuri anni '20 americani, in cui il razzismo imperava ovunque e il segregazionismo era legge, imbracciarono le chitarre o usarono la loro forte voce per tracciare un nuovo cammino verso la libertà e l’autodeterminazione. Non solo razziale, non solo basata sulla conquista di elementari diritti civili ma soprattutto come donne; ultimo gradino della società, discriminate non solo per il colore della pelle ma anche per il genere di nascita.
Infatti, anche i loro testi parlano chiaro, denunciano violenza, sopraffazioni e, parallelamente, chiedono diritti ed emancipazione.
"Le cantanti blues erano associate al diavolo perché celebravano quella dimensione dell’esistenza umana considerata immorale e malefica, secondo i tenenti della chiesa. Erano delle peccatrici perché cantavano di amore e sesso" , Angela Davis
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Pensiamo che le prime cantanti ad aver parlato di emancipazione femminile, in termini di libertà sessuale, di poter fare quel che vogliamo con il nostro corpo, siano state Nicki Minaj, Cardi B o Megan Thee Stallion, ma non è così.
Una delle prime pioniere che ha stravolto lo standard musicale per cui, un cantante uomo puo' permettersi di parlare di qualsiasi argomento esplicito senza essere censurato, mentre per una donna non era ovviamente lo stesso è stata Lucille Bogan.
Nel 1930 Lucille decise di cambiare il gioco, di non scendere più a compromessi e di non inibirsi solo perchè era quello che la società e l'industria voleva.
Quando l'ho scoperta mi sono innamorata del coraggio che ha avuto a scrivere un album come "Shave 'Em Dry" nel 1933. Una pazza totale.
Sono rimasta stupita da come è riuscita, durante degli anni davvero difficili per le donne e ancora di più, per le donne di colore, a raccontare, in modo così esplicito, il modo di vivere il sesso. L'ho adorata, anche solo per il fatto che è stata una delle prime cantanti donna della storia ad aver usato la parola "bitch" in una canzone, riferendosi a se stessa e all' empowerment femminile di autodeterminazione che deriva da essa.
Ci sarebbe da scrivere un'enciclopedia sulle sue canzoni e sul potere che avevano e che continuano ad avere, ma vi risparmio. Mi soffermerò su tre dei suoi testi più all'avanguardia.
Iniziando proprio con l'album "Shave 'em dry" (che consiglio di approfondire perchè geniale), contenente l'omonima canzone 'Shave 'em dry II' e 'Till The Cows Come Home', entrambe decisamente esplicite per essere state scritte nel 1933 ed è proprio questo il bello perchè i suoi testi parlano da soli ed hanno un impatto che non va sottovalutato.
"I got nipples on my titties, big as the end of my thumb, I got somethin' between my legs'll make a dead man come, oh daddy, baby won't you shave 'em dry? [...] Say I fucked all night, and all the night before baby and I feel just like I wanna, fuck some more"
"I told him I gotta good cock and it's got four damn good names, rough top, rough cock, tough cock, cock without a bone. You can fuck my cock, suck my cock or leave my cock alone. Oh, baby honey, I piss all night long, you can fuck my cock or suck my cock baby, until the cows come home [...] Do it to me all night long, I want you to do it to me baby honey, till the cows come home".
Ora capite perchè mi sono innamorata di lei?!
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E, dato che, parlare di sesso cisgender e emancipazione del corpo femminile non le bastava, ha scritto 'B.D. Woman's Blues', una meravigliosa ballata blues dai colori arcobaleno. "B.D.", infatti, si riferisce ad uno slang usato durante gli anni '20/'30 per definire le donne lesbiche "bull dycke"/"bull dagger". “B.D. Woman’s Blues "apre con il verso:
“Comin' a time, B.D. women ain’t gonna need no men”
Questa frase, ma anche il resto del testo, riflette il suo desiderio di vivere in un'epoca in cui le donne lesbiche non sentono la pressione sociale di sposare un uomo.
E' un atteggiamento è incredibilmente progressivo da trovare nella musica popolare e stimolante per le generazioni future. Anche Gladys Bently, Ma Rainey e Sister Rosetta Tharpe (altre fantastiche pioniere del genere) hanno cantato apertamente dei loro sentimenti verso le donne, anche se non si erano dichiarate pubblicamente. Le parole delle canzoni di queste donne sono una testimonianza di un’epoca, fotografano l’inizio di un nuovo approccio intellettuale e politico anche nella musica.
La donna non più in ombra, non più madre/moglie/amante ma protagonista.
Finalmente si definivano pubblicamente come esseri sessuali dando spazio al loro desiderio carnale, senza remore o falsi pudori. Una sessualità esplicita, spinta oltre ogni limite che fece di personaggi come Lucille Bogan, qualcosa di pericoloso e minaccioso per la morale benpensante.
Tutto questo mi ha fatto capire che, molto probabilmente senza di loro e senza un movimento così esplicito di emancipazione, non avremmo avuto le regine dell'hip hop femminista e non avremmo avuto testi come "Wet Ass Pussy".
Fortunatamente non possiamo saperlo, proprio per questo dobbiamo ringraziarle.
Aretha Franklin, Tina Turner, Betty Davis, Whitney Houston, Queen Latifah, Salt-n-Pepa, Miss Lauryn Hill, Erykah Badu, Chaka Khan, Missy Elliott, Beyonce, Janelle Monàe, M.I.A., Azaelia Banks, Nicki Minaj, Lizzo, Cardi B e Megan Thee Stallion sono solo alcune delle artiste progressiste, che si sono lasciate ispirare dal coraggio delle loro radici, non solo musicali.
Hanno ispirato tante altre cantanti ad avere la stessa forza, lo stesso coraggio di oltrepassare la linea imposta dalla società e iniziare a far sentire la propria voce.
Si parla di canzoni come 'Ladies First', 'None of your Business', 'Doo Woop (that thing)', 'Get Ur Freak On', 'Barbie Dreams', testi che sono parte integrante della rivoluzione femminista.
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Per farvi capire meglio cosa intendo, in questi giorni mi sono dedicata anche a fare (come sempre) una playlist perfetta per approfondire l'argomento!
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