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Decluttering: archiviare gli ex per mettere in ordine il cuore e la testa.


Quando andavo al liceo avevo letto che mettere in ordine i propri spazi aiutava a fare ordine nella propria testa. Da allora ogni volta che mi sento schiacciata dai miei stessi pensieri, o mi sento sopraffatta a tal punto da non poter fare ciò che devo, mi ritrovo a riordinare la scrivania, la camera o persino la casa intera. Non sono una tipa che si calma lavando i piatti, ma semmai una che quando deve iniziare a studiare passa anche ore a riordinare l’armadio in ordine cromatico prima di potersi concentrare: il cosiddetto “decluttering” mi salva dal disordine fisico e mentale. Con il tempo ho affinato le mie tecniche - dovreste vedere che armadio perfetto - ma soprattutto ho esteso il concetto di decluttering a molti ambiti della mia vita, tra cui le emozioni e i rapporti.



Per gli armadi è facile: come si vedeva in “Ma come ti vesti?” prendi i vestiti, fai i 3 bidoni “tieni”, “butta” e “forse”, sistemi e via, problema risolto.

Ma per le emozioni, o le persone, non è affatto un processo facile, perchè innanzitutto bisogna capire di aver bisogno di questo decluttering.

Vi faccio un esempio, ossia il mio ultimo anno. A inizio anno continuavo a uscire e conoscere persone nuove, ero piena di impegni e avanzavo a un ritmo frenetico tra università, cose da fare, stage, uscite, appuntamenti e chissà quali altre cose; adoravo quella frenesia. Boom, di botto la pandemia mi ha messa in pausa come infilandomi in una cella criogenica, rallentando il ritmo come si fa con il battito cardiaco nei libri di fantascienza, affondando la mia vita nell’azoto liquido. Il lockdown lontano da casa mia, dalle mie cose, ha annientano i miei impegni e i miei rapporti.

Inizialmente, calpestata dalla fomo, cercavo di star dietro a videochiamate, aperitivi su facetime, Houseparty, ed ero incollata al telefono col terrore di vedere le mie persone scivolare via dalla mia vita come sabbia fra le dita. Dopo un po’ ho iniziato a capire che avevamo tutti bisogno del nostro spazio e che in fondo, non avevo la forza e la voglia di sentire molte persone, e mi sono ritrovata quasi inconsciamente a fare una selezione: parlavo soltanto con le persone con cui avevo un rapporto autentico, con cui non mi vergognavo di momenti di fragilità e che erano realmente importanti. E quando hanno riaperto le gabbie non ho avuto più quella voglia matta di vedere tante persone, ma solo coloro che effettivamente avevo avuto accanto durante un periodo nero come il lockdown. Da quest’estate mi ritrovo ad affrontare i rapporti in modo molto più consapevole: con calma ho iniziato a valutare chi avevo intorno, come aprendo tutte le ante degli armadi, e ho deciso chi doveva finire nel bidone giallo della Caritas e chi invece volevo veramente accanto, coltivando in modo migliore il rapporto.

Un intero sacco dedicato alla Caritas? I miei ex. Mi sono sempre ritenuta emotivamente matura e distaccata abbastanza da poter rimanere amica di chiunque avessi frequentato, perchè effettivamente fino a qualche mese fa ero amica di chiunque fosse passato per il mio cuore o le mie gambe. Spoiler: non era maturità emotiva, ma un mix di insicurezze celate e paura di dire addio a coloro che comunque trovavo piacevoli. Non c’è nulla di male a rimanere amic* dei/ delle propr* ex (o ex avventure) ma bisogna riconoscere quando si mantiene il rapporto in modo sano e quando lo si fa per aggrapparci a qualcosa che non esiste più. Con alcuni di loro ero in un limbo: non c’era una relazione, c’era una effettiva e pratica amicizia, ma dentro di me vagavano sempre sentimenti contrastanti e sono finita per non essere in grado di fare distinzione fra amore e amicizia. Era un meccanismo subdolo: credevo che in fondo in fondo gli altri mi amassero ma non fossero pronti per amarmi; o viceversa di amarli ma di non essere pronta. Ero dell’idea che ciò che in passato non era riuscito a funzionare potesse avere delle possibilità in un futuro in cui i contesti sarebbero stati diversi; come quel vestito che non si tiene nell’armadio con ancora il cartellino e che non metteremo mai perché non ci sta bene o non è il nostro stile, così collezionavo persone che non facevano per me ma a cui davo una chance per qualcosa che non sarebbe mai successo. Mi crogiolavo nelle ambiguità dei rapporti, spesso presenti solo nella mia testa, per evitare sia l’impegno che la totale libertà di stare sola.

Durante la quarantena ho dovuto fare i conti con questa solitudine, non c’era scelta e mi è stata imposta, ma ci dovevo convivere e trovare un modo per farmela andare bene, trovarmi a mio agio e adattarmi. Stando per i fatti miei e non avendo a che fare con queste persone sono scappata da quel limbo confusionario e ho fatto chiarezza. Quelle persone non avevano più così tanto fascino, non mi facevano bene e non mi facevo del bene frequentandole. Così ho iniziato a tenermi stretta coloro di cui ero certa, evitando tutti quei punti di domanda che entravano e uscivano dalla mia vita con leggerezza. In poco tempo ho iniziato a tagliare i ponti con qualche ex e non vi dico l’impagabile sensazione di libertà nel cancellare i numeri e levarmi di dosso il superfluo; potrei aver finalmente empatizzato con San Francesco, anche se rimango attaccata alla corrente di Marie Kondo.

Tolta la selezione di chi rimane e chi va, ciò che ha veramente importanza durante questo processo di decluttering è prendere coscienza di come si affrontano i rapporti, di come si è trattati e di come si trattano gli altri, ma soprattutto di delineare dei confini: chi fa parte della nostra vita e come deve far parte, e chi invece non vale la pena ci sia.

Facile? Nope. Il primo passo, come nell’elaborazione del lutto è riconoscere il problema. Questo step causa un sacco di casini, un groviglio introspettivo da sciogliere come le cuffie nelle tasche quando sei di corsa; la cosa che mi aiuta in queste situazione è mettere nero su bianco. Prendere un foglio, elencare chi abbiamo nella nostra vita, togliere coloro di cui siamo certi che debbano rimanere e fare la lista dei pro e dei contro per gli elementi incerti. Un po’ come Marie Kondo mi sono ritrovata a chiedermi una per una se queste persone che avevo intorno mi rendessero davvero felice.

Una volta finito il test, il cui esito è fondato su istinto e ricordi, per coloro che non passano arriva la parte pratica. In base alla situazione ecco cosa ho fatto e/o cosa potrebbe servirvi:

  • smettere di seguire sui social queste persone

  • eliminare le chat

  • eliminare il numero

  • eliminare qualsiasi cosa pratica che vi leghi (sì, anche Netflix che stavate scroccando)

  • bloccare se necessario (no, non siete drastic* se solo così starete meglio)

  • eliminare le cose fisiche che vi ritrovate in casa e che non volete più

  • mettere i ricordi in una scatola e gettarla in garage

  • archiviare le foto in uno di quei hard disc dove tenete tutte le foto dal 2010 a oggi e che tanto non avete mai voglia di andare a vedere.

Queste sono cose pratiche che possono tornare utili quando si sa già chi va eliminato, ma sappiate che prendere coscienza di come si vivono i rapporti e di chi ci circonda e farci le giuste domande: come ci relazioniamo? Perché è nella nostra vita? Ci fa bene? Non è semplice ma l’arte del riordino mai lo è; come non ci piace buttare quella maglietta che tanto amavamo al liceo ma che ora è rovinata, sarà sicuramente difficile procedere così anche nei rapporti, e non va fatto con leggerezza.

All’inizio di questo processo ci sarà un po’ di confusione, forse anche del dolore, ma mettere in ordine e eliminare le “mele marce” aiuta a fare spazio alle novità, e eliminare rapporti inutili ci aiuta a vivere più intensamente quelli presenti. E non è questo che vogliamo? Essere preparati per quel che accadrà e goderci quel che abbiamo?


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