Quotidianamente sentiamo parlare di moda sostenibile o green fashion. Ma cosa vuol dire davvero? sappiamo riconoscere davvero un capo slow? Per prepararci agli acquisti delle feste vogliamo fare un pò di chiarezza sfatando 5 falsi miti.
Su Kube abbiamo affrontato questo tema più volte, soffermandoci su vari aspetti della moda eco-sostenbile, ma è sempre bene fare un recap. Per capo sostenibile definiamo genericamente un prodotto realizzato con materie prime ecologiche, non nocive o invasive nei confronti dell'ambiente, rispettoso socialmente per i lavoratori.
Che sia o meno una scelta spontanea, ad oggi l‘89% delle aziende stanno investendo sulla sostenibilità, dato positivo se non fosse che, secondo quanto riportato dal Report 2021 su Moda e Sostenibilità, il 45%delle aziende si palesa al consumatore ad un livello di sostenibilità diverso da quello in cui si trova realmente.
Cadere nella trappola del greenwashing è molto facile, soprattutto se non siamo in grado si riconoscerlo. Le scelte che prendiamo nell'acquisto di capi, qualsiasi esse siano, devono poter essere libere e reali, non una strategia di marketing studiata a tavolino dai brand. Per questo oggi siamo in soccorso noi di Kube, con una five list che vi aiuterà a non cadere nel tranello. A voi 5 falsi miti sulla moda sostenibile o slow:
Made in Italy è eccellenza X
Quando si parla di Made in Italy la nostra mente associa subito un prodotto di alta qualità. Questa associazione è purtroppo sbagliata. Quello che non tutti sanno è che secondo le attuali leggi europee un prodotto è legalmente Made in Italy quando anche solo l’ultima fase di lavorazione o trasformazione avviene in Italia. Non sono pochi i brand che sfruttano questo trick per creare dei prodotti che di produzione italiana hanno ben poco se non solo la bozza del capo iniziale e il confezionamento finale. Soluzione? Esigere dal brand info e specifiche sulla produzione, diritto che non può esservi negato.
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I tessuti naturali sono sostenibili X
Materiali come il cotone, la lana, il lino o la seta sono naturali e sostenibili. Vero? Solo in parte. Nonostante derivino da origini naturali, questi tessuti possono creare un grave impatto nella loro produzione. Per sopperire infatti alla scarsa materia prima, vengono spesso generati allevamenti intensivi, attuate pratiche di deforestazione o alimentati trattamenti nocivi per le terre di coltivazione. Un cotone da considerarsi sostenibile è più precisamente il cotone organico, sempre accompagnato da una certificazione apposta sull’etichetta del capo finale.
Comprare fast fashion di seconda mano non crea un problema X
Ultimamente, con il boom delle piattaforme di second hand alimentate da account privati, sempre più persone acquistano fast fashion di seconda mano, per ridare vita a un capo ormai immesso nel mercato con la logica del “sempre meglio che buttarlo”. Ma si può considerare una pratica d'acquisto sostenibile? In questo caso la risposta è solo nelle nostre mani. Acquistando un capo fast fashion bisogna saper prendersene cura. La plastica contenuta in molti tessuti sintetici utilizzati per produrre capi cheap creano un danno per il pianeta non solo nella loro produzione. Ogni volta che laviamo un capo con all’interno materiali plastici, questo rilascerà micro-plastiche nocive per l’ambiente. Per evitare le conseguenze, sarebbe necessario armarsi delle giuste precauzioni, come sacchetti o i filtri contro micro-plastiche da utilizzare in lavatrice in ogni lavaggio. Ne avevamo parlato qualche mese fa, per saperne di più leggi qui.
Riciclare i vestiti per farli tornare in vita X
Quante volte vi è capitato di trovare in una grande catena l’iniziativa green “portaci il tuo capo usato, noi gli ridiamo vita e per te uno sconto”?! Un racconto tanto bello quanto fantasioso! Riciclare abiti, reimmettendoli nei cicli di produzione
vestiario, è purtroppo una pratica molto molto difficile. Oltre agli alti costi che le aziende dovrebbero sostenere per poter mettere in atto questa pratica, in molti casi è del tutto impossibile. Ad oggi ad esempio non abbiamo ancora inventato un sistema che permetta di scindere le fibre del cotone da quelle del poliestere, mix che viene utilizzato molto spesso dal fast fashion per la produzione di capi. Quando le cose vanno per il meglio, nella loro secondo vita abiti con questa duplice composizione diventano sminuzzato per riempire cuscini e divani, nella peggiore finiscono nelle discariche o negli inceneritori. La soluzione è fare attenzione a cosa e come si ricicla.
Se lo pago tanto è fatto bene X
Entriamo in una deliziosa boutique. Ci lasciamo ammaliare dai pochi abiti perfettamente stirati sulle relle profumate. I nostri occhi vengono poi attirati come una calamita da quel pullover. Lo tocchiamo, è morbido e soffice, ci sembra caldo e avvolgente e così ci sporgiamo furtivamente sul cartellino per per leggere il prezzo… eccola lì la brutta sorpresa, quella cifra che proprio non dovremmo spendere. Ma alla fine ci ripetiamo che un pò di risparmi gli abbiamo messi da parte e comprare almeno un buon maglione all’anno è essenziale, certamente più di quei 4 o 5 ore prenderemmo dal fast fashion di turno. E’ questa una scelta saggia? Assolutamente no! Un brand potrebbe potenzialmente investire tutto sul marketing (pubblicità, reputazione, store) e pochissimo sulla produzione e realizzazione. Non deve mai essere il costo a determinare il valore di un capo.
Kube è sempre dalla parte della libertà individuale, ciascuno di noi è libero di prendere le proprie scelte, più o meno drastiche, ma responsabilità di ciascuno di noi è essere consapevoli.
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