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Il fenomeno delle Grandi Dimissioni

Tutto parte da Drake. O meglio, tutto parte dalla pandemia. O forse la pandemia è solo l’acceleratore?


Fenomeno chiaramente iniziato negli Stati Uniti, 500.000 sono le dimissioni volontarie da parte dei giovani in Italia nel 2021, anche da chi aveva un contratto a tempo indeterminato. Folli?

Come dicevo, tutto inizia da Drake, finisce nel Capitalismo, con una pandemia che cade proprio a pennello.


Yolo, acronimo che sta per “You Only Live Once” (tradotto in italiano, “si vive una volta sola”), reso noto dal cantante Drake, è un concetto che si fa spazio tra i giovani d’età compresa tra i 25 e i 41 anni, i quali stanno attuando una vera e propria rivoluzione: stanno mettendo in dubbio i capisaldi della società in cui viviamo.

Nonostante alcuni di loro abbiano raggiunto il tanto desiderato posto fisso, di conseguenza una stabilità economica, un’apparente tranquillità, varie ed eventuali prospettive future, decidono di mollare tutto e cambiare totalmente vita e modo di vivere. Ma perché?


Quando non vivi gli anni ’90, ma ci nasci, in alcuni casi, sei destinato ad una serie di sventure: nasci in un pianeta già inquinato, nel 2001 percepisci una minaccia al mondo occidentale e dopo poco tempo senti parlare i tuoi genitori della crisi del 2008.

Cresci secondo gli standard e le aspettative che la società ha voluto cucire su misura per te: ottenere una laurea (possibilmente qualcosa di utile, non quello che realmente ti piace, per quello oramai il mercato è saturo), senza la quale non potrai permetterti un certo tenore di vita e un lavoro rispettabile; specializzarti, frequentare un master, possibilmente all’estero, dottorati di ricerca, corsi online, gratuiti e/o non gratuiti. Quali scegliere?

È poi arrivato il momento di trovarti un lavoro. Indeed, Infojobs, Trovit, LinkedIn, ti iscrivi su tutti i portali, aggiorni il CV, cercando di renderlo il meno spoglio possibile, inserendo banalità del tipo “suono il piano” o “gioco a pallone” che dovrebbero rispecchiare le tue soft skills. Ma non basta. Non hai esperienza.

Dopo anni di studio, stage non retribuiti e centinaia di CV inviati, arriva il giorno in cui vieni finalmente considerato, il lavoro dei tuoi sogni bussa alla tua porta e tu dici “Sì” meglio di come lo diresti all’altare.


All'improvviso, però, arriva una pandemia e prima di allora questa parola non faceva neanche parte del tuo lessico quotidiano; tutto cambia e non si fa altro che aspettare il ritorno alla normalità.

Nell’attesa, il lockdown ci fa dono di un tesoro che ci era stato brutalmente portato via: ricominciamo a dare valore al nostro tempo, agli amici e alla famiglia, al nostro benessere. L’impasto del pane fatto in casa, il corso di yoga alla sera, le videochiamate con amici e parenti, l’attività fisica al parco, la meraviglia di una natura che fiorisce nuovamente, il riscatto di un’esistenza ormai quasi perduta, tra la confusione e la frenesia di questa società liquido-moderna, detta alla Bauman.

Il covid ci mette alla prova, rallenta e, di conseguenza, si torna alla vita di “prima”: ufficio, otto ore di lavoro, il porta pranzo con la cena della sera prima, palestra tre volte alla settimana, l’aperitivo il venerdì e il sushi il sabato.

Eppure,un giorno, qualcuno si è svegliato da questo silente torpore, capendo che ciò che la pandemia ci ha fatto vivere era costante paura, ma allo stesso tempo ci ha dato modo di riscoprire noi stessi e i nostri valori più intrinsechi. Priorità al benessere prima di ogni altra cosa e all’importanza del qui e ora, si abbandona il posto fisso, senza sapere esattamente cosa fare, ma qualcosa si farà: per esempio, per molti è stato sufficiente un computer, un collegamento Wi-Fi, qualche conoscenza digitale e pronti per l’avventura!

I boomer si chiedono come potranno queste persone un giorno riscuotere la pensione all’INPS; i millenials e la GenZ non hanno preoccupazioni a riguardo, dato che “del doman non v’è certezza”.



Portando alla mano un po’ di numeri, secondo un articolo del Sole24Ore, il 46% dei ragazzi nati tra il 1981 e il 1996 vive il lavoro come primaria fonte di stress; il 23%, esprime il desiderio di cambiare impiego, nonostante non abbia ben chiaro il suo percorso.

Gli stipendi di certo non aiutano: tre giovani su dieci guadagnano tra i €5.000 e i €10.000 lordi l’anno, che equivalgono a circa €800,00 al mese.

Un po’ diversa era la storia per le generazioni precedenti: i nostri nonni detengono una ricchezza media del +13,5%, rispetto ai giovani che, di contro, hanno una ricchezza media del -54,6%. Post Seconda Guerra Mondiale, l’Europa e l’America hanno vissuto i veri anni d’oro: il lavoro (non gli stage) erano a portata di giornale, le case costavano poco e si costruivano le ville (non i bilocali) permettendosi anche ciò che non ci si poteva realmente permettere. I cambiamenti climatici erano fantasie, la qualità dell’aria era ottima, così come il cibo, non c’era così tanta competizione e i posti nel pubblico impiego erano tirati via, allo stesso modo le pensioni. Oggigiorno è difficile crearsi un’indipendenza, l’acquisto di una prima casa è un diritto riservato a pochi dato che le banche pretendono una certa busta paga e un contratto a tempo indeterminato. Si stima che un 25enne, che oggi guadagna tra i €1.000 e i €1500 al mese, andrà in pensione tra i 69 e i 73 anni.

I giovani d’oggi soffrono d’ansia, frustrazione, non hanno fede né nella politica, né nelle istituzioni, colpevoli di non occuparsi né di prendersi cura del loro futuro, assumono normalmente e quotidianamente psicofarmaci. Tra i pazienti in terapia nel 2021 abbiamo la fascia più colpita, i minori di 18 anni con un + 31% e i ragazzi di età compresa tra i 18 e 24 anni con un +36%.


Alcuni di loro, come succede già da qualche anno, mollano tutto e tornano alla vita di campagna: secondo una ricerca condotta da Coldiretti, uscita a inizio 2021, sono più di 55.000 i giovani imprenditori sotto i 35 anni a voler tornare alla Terra, con tutte le tecnologie del caso.

L’agricoltura è, di fatti, uno di quei pochi settori lavorativi che ha visto una crescita di assunzioni dell’8%. La tecnologia aiuta le idee innovative, costruendo così fattorie didattiche, agriasili, strutture di sostegno per persone disabili o, per chi ha bisogno, progetti di reintegrazione sociale. Grazie all’agri-tech si può coltivare e allevare, evitando di inquinare e garantendo cibo più sano, un esempio l’acquaponica. Si corre dunque verso la decrescita felice: si torna alla vita di una volta, una vita lenta, dettata dalle lancette di un orologio meno ripetitivo, alla ricerca del benessere, di un lavoro che appassioni, all’aria aperta, nonostante non sia affiancato da un Signor Stipendio. L’importante è essere e sentirsi più sereni, meno frustrati, in armonia con la natura, connessi alla realtà, alla bellezza delle piccole cose, al valore del proprio tempo e alla realizzazione dei propri sogni.


Alla base di tutto questo c’è un comun denominatore: il Capitalismo, il quale è altamente messo in discussione dalla maggior parte dei giovani, non riconoscendolo più come un sistema funzionante, bensì come dannoso e in grado sempre più di dividere l’umanità.

È responsabile di fenomeni in crescita come il razzismo, il materialismo, l’avarizia e i troppi divari sociali, specialmente economici: nel mondo esiste una piccola parte di persone super ricche, una classe media impoverita (con stipendi ristagnanti) e una moltitudine di persone povere. Nonostante l’élite di ricchi sia molto più ristretta, riesce ad inquinare e distruggere il Pianeta quanto il 50% di tutte le persone povere, altro problema che i giovani attribuiscono e collegano al Capitalismo.



L’inizio si ricollega così alla fine: stress, ansia, depressione, condizioni lavorative precarie, cambiamenti climatici, i pochi potenti che manipolano le sorti dei tanti disarmati, sono tutti fenomeni collegati al corretto funzionamento della società odierna, malsana e competitiva, portando al fenomeno delle Great Resignation (le grandi dimissioni), che dilaga come un virus in tutto il mondo occidentale.



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