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Intervista a 5 green content creator: qualche consiglio per chi vuole approcciarsi alla moda etica

La moda parla chiaro, il nuovo trend da rispettare è la sostenibilità.


Sempre più i fashion brand, dai grandi colossi mondiali alle storiche maison d’alta moda, cercano di adattarsi a un'esigenza sempre più richiesta dal consumatore, l’eco-sostenibilità. Materiali riciclati e produzioni a basso impatto ambientale sembrano essere la via più perseguita per ottenere risultati davvero promettenti nella moda, che ricordiamo essere uno dei maggiori settori di inquinamento mondiale.


Ma se da un lato si spera che i brand possano realmente raggiungere (in modo trasparente) gli obbiettivi di sviluppo sostenibile imposti dalle Nazioni Unite per il 2030, dall’altro dovremmo anche renderci conto che la colpa non è solo di chi produce, ma anche di chi compra: essere consumatori consapevoli è una sfida ardua, ma necessaria.


Sarà capitato a tutti noi di cercare sul web approfondimenti e spiegazioni sul fashion sustenability, ed imbatterci in informazioni complicate e spesso contraddittorie, tra cui la tracciabilità delle materie prime, gli standard minimi di emissioni per l’impatto ambientale, senza parlare delle news di campagne di greenwashing molto spesso difficili da credere.

Ma come fare allora a raccapezzarci in tutto questo caos?! La risposta è più semplice di quanto sembra, ed è selezionare i propri canali di informazione.


Ora che i social media sono diventati parte integrate della nostra quotidianità, possiamo sfruttarli a nostro vantaggio, utilizzandoli in modo efficace e costruttivo, seguendo i profili giusti che condividono, spiegano e fanno chiarezza su temi complicati e sensibili, come la sostenibilità.

Noi di Kube abbiamo selezionato per voi 5 profili di giovane ragazze, 5 content creator italiane che comunicano in modo semplice e comprensibile info e tips sulla sostenibilità in campo fashion (ma non solo).

A ciascuna di loro abbiamo fatto le stesse due domande, per indagare i diversi punti di vista di chi di sostenibilità se ne intende.




@carotilla Camilla Mendini è un vero portento. Tra le primissime parlare di sostenibilità sui social (dal 2016) Camilla gestiste, oltre alle pagine social, il blog Carotilla. Sul blog, oltre ai tanti articoli sulla sostenibilità, si trova anche una sezione shop: dai deodoranti agli orecchini. Inoltre Camilla, già da qualche anno, ha avviato il suo fashion project, Amorilla Clothing, brand etico e sostenibile con base a New York. Ecco le risposte alle nostre domande.


Ciao Camilla, quali sono i luoghi comuni che hai sentito più spesso sulla moda sostenibile? I luoghi comuni che continuo a sentire sulla moda sostenibile è che sia di nicchia, non sia accessibile e ci siano poche alternative. In realtà la moda etica sta prendendo sempre più piede, a partire da piccole realtà che riportano in luce in chiave moderna tradizioni artigianali a marchi più strutturati che nascono con obiettivi etici e sostenibili e li perseguono con serietà. Il mercato si sta popolando di alternative sostenibili ed etiche sempre più varie ed accessibili: non dimentichiamo poi che esiste anche l'usato, che permette di fare acquisti sostenibili a prezzi ridotti, come quelli a cui ci ha abituato la fast fashion.

Qual è il tuo consiglio per una persona che vuole approcciarsi alla moda etica?

Il mio consiglio è di iniziare con calma e di non sentirsi in dovere di rivoluzionare il proprio armadio in poco tempo. È molto più sostenibile comprare pochi capi per volta, quando si è sicuri della scelta che si sta facendo, piuttosto di eliminare ogni traccia di fast fashion dal proprio guardaroba e doverlo ricomprare da zero. La vera differenza lo fa prendere coscienza, informarsi da dove vengono i prodotti che si stanno acquistando, chiedersi se servono davvero e preferire la qualità alla quantità.



@ggalaska Nonostante la giovane età, Giorgia ha ben chiare le sue idee.

Sul profilo di Giorgia troverete tante eco-tips per un stile di vita slow e sostenibile. Dal suo feed potrete subito notare che la sua ricerca e il suo impegno abbracciano davvero tanti i campi, dal food al fashion, ma è nelle stories che dà il meglio di sé, spiegandoci, in modo semplice ma efficace (come se fosse un amica) problematiche e possibili soluzioni.

Se volete approfondire le tematiche che trovate sul suo IG, sappiate che Giorgia vi aspetta anche sul suo blog Ggalaska.

Abbiamo posto anche a lei le due semplici domande:




Ciao Giorgia, quali sono i luoghi comuni che hai sentito più spesso sulla moda sostenibile?

Il luogo comune che ho sentito più spesso è quello legato al costo e l'inarravibilità della moda etica perché lontana dai nostri portafogli, quando in realtà il primo tassello sarebbe il non consumo, il non acquisto, quindi il più economico di tutti. Immadiatamente dopo c'è un altro tassello, sempre sulla logica del non acquisto, che è lo swap party, cioè lo scambio di vestiti, che si può fare sia tra persone che non si conoscono, che tra persone dello stesso nucleo famigliare o di amicizia. Dopo c'è il second hand, l'usato di seconda mano, che non è come il vintage (il vintage fa riferimento a una moda o un estetica di tempo fa). L'ultimo tassello della moda etica è l'acquisto consapevole, dove alla base c'è sempre la domanda: "mi serve davvero?" se la risposta è si, bisogna interrogarsi, informarsi sul brand dal quale vogliamo acquistare, sui materiali, sulla produzione, sulla provenienza, sulla durabilità.

Qual è il tuo consiglio per una persona che vuole approcciarsi alla moda etica?

Il mio consiglio è farsi bastare ciò che si ha nell'armadio. Chiedersi se quando si acquista è solo un bisogno consumistico o una reale necessità. Se è un' esigenza vera e necessaria, seguire tutti quei tasselli di cui ho parlato prima, partendo come prima opzione dall'usato, perché la moda etica è si importante, ma è l'usato che rimette in circolo un prodotto che non deve essere gettato a un prezzo più basso. Poi se il second hand non può soddisfare in alcun modo il consumatore, ci sono brand ecosostenibili con chiari obbietti e con dati alla mano che dimostrano effettivamente di essere brand etici.



@camariglia Il suo bob corto e la sua bio "un sagittario femminista" ci hanno conquistate! Mara, in arte social Camariglia, è una giovane ragazza, dai numeri modesti ma dai contenuti più che validi. Sul profilo di Mara potrete trovare tante news e tips legate alla sostenibilità, soprattutto in campo fashion e design. Siamo certe che è una content creator da tenere sott'occhio! Ecco le risposte di Mara alle nostre due domande:


Ciao Mara, quali sono i luoghi comuni che hai sentito più spesso sulla moda sostenibile? Sicuramente che la moda etica è costosa rispetto ai classici brand fast fashion. Ma se si va a guardare bene, un maglione in cashmere di Zara ha lo stesso identico prezzo di uno realizzato da un brand sostenibile italiano che lavora in un'ottica di Economia circolare. Quindi questa idea che la moda etica sia piú costosa delle classiche alternative è da rivedere.

Qual è il tuo consiglio per una persona che vuole approcciarsi alla moda etica? Sicuramente il mio consiglio è di informarsi. L'informazione circa lo svolgimento della produzione, retribuzione dei lavoratori, materie prime utilizzate ecc rendono piú facile la scelta etica e la comprensione di un determinato prezzo di vendita. Se non si ha il tempo materiale per effettuare tutte queste ricerche, perchè è sicuramente una operazione laboriosa, il mio invito è quello di seguire persone che lo fanno per noi.



@cami_al_naturale Camille e Odette, un'inseparabile coppia che parla di sostenibilità! Anche se Camille non si svela mai in pieno viso, riusciamo a percepire attraverso i suoi post tutto l'impegno e l'amore che mette nella causa. Sulla sua pagina IG, potrete trovare tante idee zero waste e consigli moda (specialmente in campo vintage) davvero utili. Se volete approfondire qualche argomento potete passare dal suo blog Cami al Naturale. Ecco le risposte di Camille alle nostre domande:


Ciao Camille, quali sono i luoghi comuni più famosi sulla moda etica che hai sentito?

Purtroppo i luoghi comuni e le critiche sono numerose, ma credo che siano legate essenzialmente al fatto che è ancora un settore emergente. Infatti spesso si sente dire che è troppo costoso, che le collezioni non sono moderne oppure che sono addirittura brutte (colori e forme dei capi). Ho sentito criticare molto spesso anche la reperibilità: del resto, tanti brand sostenibili sono nati online!

Per quando riguarda l’alternativa meno costosa della moda sostenibile: la seconda mano, la critica principale è che i capi sono sporchi! Ma forse tante persone non sanno che i capi che provengono da negozi (e magazzini) sono ben spesso peggiori!

Qual è il tuo consiglio per una persona che vuole approcciarsi alla moda etica? Se l’intento è di ridurre il proprio impatto ambientale, il primo consiglio che mi sentirei di dare è di smettere di comprare. Forse non ce ne accorgiamo, ma nel nostro armadio (e nei bauli di famiglia) abbiamo tantissime (anzi troppe) cose! Quindi il primo consiglio è di imparare a fare shopping nel proprio armadio, selezionare i capi preferiti, vendere/donare/regalare il resto. Ritrovare il proprio stile e definire una propria divisa aiuta successivamente a fare uno shopping mirato. Shopping... dove? Personalmente privilegio il vintage e la seconda mano, ma adoro anche le piccole sartorie o brand sostenibili. Bisogna fare un po’ di ricerca all’inizio... ma le informazioni ormai si trovano facilmente!



@laulowimpact Laura Zunica è una giovane ragazza, ambientalista e attivista, e lo si può facilmente percepire dalle tante cose che fa. Oltre al suo personale profilo IG, dove potrete perdervi tra i post con spunti per una vita sostenibile, Laura è cofounder di TerraLab, onlus che tutela l'ambiente, e amministratrice del suo blog Pio progetto impatto zero, dove attraverso articoli e tips, Laura cerca di sensibilizzare e responsabilizzare i lettori ad essere consumatori consapevoli. Non potevamo non porle le nostre due domande:

Ciao Laura, quali sono i luoghi comuni che hai sentito più spesso sulla moda sostenibile? Il più comune che sento è che la moda etica costa troppo e non è accessibile a tutti. Nulla di più falso, a mio avviso: mi rivolgo generalmente a negozi di seconda mano come Humana Vintage oppure mercatini (da Remira Market, seconda mano e vintage fino a VinoKilo, dove paghi i capi al kilo!). Sono ottimi affari con capi di ottima qualità generalmente e a prezzi decisamente calmierati. Inoltre con la nostra onlus TerraLab, organizziamo stagionalmente degli swap party dove i partecipanti che si iscrivono possono portare i loro capi dismessi ma in buono stato e scambiarli con gli altri partecipanti. Insomma, nella mia opinione il fatto che la moda etica sia troppo costosa è un mito assolutamente da sfatare. Qual è il tuo consiglio per una persona che vuole approcciarsi alla moda etica?

Il primo consiglio è informarsi in maniera adeguata sui brand che si dichiarano sostenibili e verificarne l'eticità, appurando che non sia greenwashing. In secondo luogo leggere sempre le etichette in maniera accurata: "Made in... qualsiasi paese oltreoceano" ci da un'idea dell'impatto ambientale in termini di emissioni. In secondo luogo i materiali: poliestere e altri materiali sintetici hanno un enorme impatto ambientale sia in maniera indieretta (filiere produttive) che in maniera diretta per via di tutte le microfibre sintetiche (microplastiche) rilasciate nei tubi di scarico delle nostre lavatrici che arrivano dirette al mare. E qui si apre il grande capitolo dei danni spesso irreparabili arrecati a delicati ecosistemi per via dell'inquinamento da plastica.



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