Irene Montini e Rocco Gurrieri, fiorentini classi 1994 e 1993, si conoscono dai tempi del liceo: “ci saremmo dovuti incontrare per delle ripetizioni ma i libri non li abbiamo mai aperti.” Si perdono di vista per un po’ ma si ritrovano pochi anni dopo a collaborare e, intuendo subito che insieme riusciranno a mettere in scena le storie che sognano di raccontare, formano un duo. Lavorare insieme permette ad entrambi di tenere viva la curiosità, di seguire il loro istinto e portare fino in fondo le loro idee, senza trattenersi.
Lei fotografa di formazione, lui con esperienza nel campo della produzione cinematografica, realizzano editoriali, fashion film, animazioni sperimentali, illustrazioni e fumetti, ricoprendo il ruolo di fotografi e registi. Lavorano con istituzioni come il Museo Novecento di Firenze (che ha ospitato la loro incredibile mostra Incanto nel 2020) e la Fondazione Ferragamo, per la quale hanno creato il cortometraggio Look back Anouk, uscito da pochissimo.
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Il loro stile è unico, meravigliosamente ambivalente: le loro opere colorate e patinate sembrano inizialmente gioiose e leggere ma hanno con un che di diverso, di vagamente fuori posto che le rende particolari, inquietanti. Creano atmosfere oniriche, surreali, nelle quali raccontano storie che partono dal quotidiano per poi sovvertirlo, rivelando la magia che si cela dietro alla banalità. Anche per questo il loro è un linguaggio che si presta bene al campo della moda, contesto nel quale realizzano molti progetti (per Vice, I-d, Schön magazine, Dazed Beauty, Luisa via Roma, Nike, Ferragamo, Reebok, per citarne alcuni). I vestiti – come tutti gli oggetti, anche quelli più quotidiani – sono al centro delle loro opere, ne sono i protagonisti. Quello che più interessa il duo artistico è proprio guardare le cose più comuni con occhi diversi e riproporle in chiave fantastica per vedere cosa succede quando l’irrazionale irrompe nella realtà.
Kube ha avuto il piacere di intervistare Irene e Rocco e parlare del loro percorso, di cosa significa fare parte di un duo artistico, del loro processo creativo e dei loro progetti per il futuro:
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Kube: Inizierei chiedendovi di presentarvi: chi siete, cosa fate e quando è nato il vostro interesse per l'arte? Quand'è che avete capito che sarebbe stata questa la vostra strada?
I&R: Siamo due persone che hanno capito che solo insieme avrebbero avuto modo di raccontare le storie che sognavano di mettere in scena, le nostre passioni ci sono state trasmesse dai genitori e dalle nostre reciproche curiosità, articolate nel tempo. Abbiamo capito che poteva essere il nostro lavoro nel momento in cui persone esterne hanno iniziato ad avere interesse a produrre i nostri progetti.
So che lavorate in duo dal 2017, ma potete raccontarci come vi siete conosciuti e perché avete deciso di lavorare insieme? Cosa vi ha fatto intuire che la cosa poteva funzionare?
Eravamo al liceo, teoricamente ci saremmo dovuti incontrare per delle ripetizioni ma i libri non li abbiamo mai aperti. Dopo esserci persi di vista per un po’ di anni ci siamo ritrovati. Lavorare insieme è venuto quasi come un atto spontaneo e naturale, cominciato come un esperimento per la tesi universitaria di Irene. E ci siamo divertiti così tanto che non abbiamo più smesso.
Quali sono secondo voi i vantaggi del lavorare in duo? Avete riscontrato anche qualche difficoltà? Se sì, come le avete affrontate?
Il vero vantaggio del lavorare insieme è l’avere il costante sostegno e critica dell’altro. La sfida più forte è la sincerità, che porta poi ai risultati migliori e più onesti.
Qual è la caratteristica che ammirate di più l’uno nell’altra?
Irene- l’immaginazione, la sensibilità di Rocco
Rocco- Il meraviglioso equilibrio fra caos e determinazione di Irene
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Come concepite e realizzate i vostri progetti? Avete dei “rituali”?
Dipende, facciamo ricerca, guardiamo molti film, cerchiamo di andare il più possibile a mostre e musei, a teatro, ai concerti. Cerchiamo di tenere costanti l’attenzione e la curiosità, studiare quanto possibile e confrontarci con le persone. Ogni tanto ci piace tornare nei posti dove abbiamo girato o scattato dei lavori, a pensare a progetti futuri e a ridere, evocando ricordi dei set.
Il vostro stile è molto marcato e distintivo: le vostre opere sono pop, glossy, colorate e suggeriscono un'atmosfera divertente e leggera, ma anche un po’ dark e decisamente surreale. Cosa volete suscitare in chi le vede?
Quello che vogliamo comunicare si distingue da progetto a progetto, ad esempio nelle foto di “Incanto” l’idea era trasmettere al pubblico il senso di cattivo odore, di nausea, distorcendo la percezione quotidiana della casa come luogo sicuro. Nel nostro ultimo progetto per Ferragamo ‘Look back Anouk” si indaga lo stato di semi-coscienza di alcuni sogni e la possibile comprensione di questi. L’ingresso dell’irrazionale nella realtà è senza dubbio uno dei temi che più ci affascina e che non smetteremo di approfondire nei nostri prossimi lavori.
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Realizzate molti servizi e progetti nel campo della moda, qual è il vostro rapporto con questo mondo? La moda ha un ruolo anche nelle vostre altre opere? E nella vostra vita quotidiana?
Non vediamo la moda e l’arte come linguaggi separati, anzi. Gli abiti spesso sono protagonisti della scena insieme agli attori, parte integrante della scenografia e indicatori del carattere dei personaggi. Inoltre, lo ammettiamo, molte volte scegliamo abiti che, potendo, vorremmo indossare noi stessi nella quotidianità.
Avete realizzato diversi video usando la tecnica stop motion, che trovo affascinante e molto affine al vostro stile per questo suo carattere surreale e ambivalente, sia giocoso che inquietante. È anche molto originale e mi chiedo quindi cosa vi ha ispirato ad usarla?
Ci siamo resi conto che lo stop motion era la tecnica più affine al nostro sentire gli oggetti, ovvero la possibilità che le cose più normali, come utensili o elettrodomestici casalinghi, potessero prendere vita e mutare in qualcosa di differente dalla banale, superficiale percezione che abbiamo di essi. Inoltre è una tecnica che permette di spaziare senza limiti nella realizzazione senza i vincoli economici di un film. È un mezzo espressivo anarchico e del tutto oscuro.
Qual è l'opera della quale siete più fieri e perché?
Sicuramente deve ancora arrivare.
Siete ancora molto giovani ma avete già fatto tanta strada, avete qualche consiglio per qualcuno che si accinge ad intraprendere una carriera creativa come la vostra?
Non trattenersi, non temere mai niente che sia veicolo per esprimere sé stessi.
Infine, volevo chiedervi quali sono i vostri ultimi progetti? State lavorando a qualcosa al momento / c’è qualcosa che vi piacerebbe fare in futuro?
È appena uscito il nostro ultimo lavoro per Ferragamo e il Museo Salvatore Ferragamo, uno short movie simbolista, con una cornice da fiaba nordica. Abbiamo passato l’anno del covid a preparare progetti e a scrivere sceneggiature, il nostro obiettivo, non appena troveremo una produzione, è arrivare al lungometraggio e proporre nuove opere e video installazioni a gallerie e musei.
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