top of page

KUBE

Intervista a Marina Cuollo - la lotta all’abilismo come parte delle lotte femministe


Oggi è una bella giornata per me, ho potuto intervistare una delle donne che più stimo, Marina Cuollo.

Marina Cuollo è nata a Napoli nel 1981.

È laureata in Scienze biologiche e Dottore di ricerca in processi biologici e biomolecole.

Scrittrice, speaker radiofonica, autrice di podcast e content creator.

Attraverso i social si occupa di discriminazioni e pregiudizi legati al mondo della disabilità fisica e A Disabilandia si tromba è il suo libro d’esordio, edito da Sperling & Kupfer.



Marina si racconta e ci racconta della disabilità, dell'abilismo, ci racconta dei preguidizi, del sesso, dei rapporti romantici, di quanto sia importante che la lotta all'abilismo sia anche una lotta femminista e nessun* dev'essere lasciato indietro o dimenticato, nessun*.


Ciao Marina, grazie per essere qui con noi. Mi sarebbe tanto piaciuto intervistarti di persona, ma data la situazione ovviamente siamo costrette a farlo qui, ma sono felicissima lo stesso. Quindi, per cominciare, chi è Marina?


In Disabilandia mi definisco una microdonna alta un metro e una mentina, ma in realtà mi considero più una scribacchina molesta perché le etichette non mi sono mai piaciute. Quelle seriose poi, ancora meno. Ho una formazione scientifica, ma dopo essere approdata alla scrittura non l’ho più lasciata. Oltre ai libri, creo contenuti sui social e di tanto in tanto straparlo in radio.


Hai un tuo blog personale, hai scritto un libro “A Disabilandia si tromba”, podcast, radio, ma leggendo nella tua biografia subito si legge “Laureata in Scienze biologiche e Dottore di ricerca in processi biologici e biomolecole”. Come hai scoperto l’arte della scrittura, della radio? Qual è stato il motore di tutto?


Durante un periodo non proprio idilliaco in cui lavoravo ancora nell’ambiente scientifico, ho sentito una forte urgenza di comunicazione per dare voce a tutto l’abilismo incontrato durante la mia vita. Avevo bisogno di mettere per iscritto quel percorso di consapevolezza. Volevo farlo però con leggerezza e umorismo, ero stufa di tutta la narrazione pietistica, o viceversa eroica, che gira intorno alla disabilità.

Ho cominciato un corso di scrittura per poi arrivare alla stesura di “A Disabilandia si tromba”, tutto il resto è un complemento a quella scrittura umoristica che è diventata un po’ la mia cifra.



Come dicevi, hai scritto un libro “A Disabilandia si tromba”, di cosa parla? Quale messaggio o morale il/la lettore/rice acquisisce quando termina l’ultima pagina?


Disabilandia è un libro che parla di etichette e pregiudizi, ma è anche una disamina del mondo che attraverso la parodia mostra tutti i luoghi comuni e i comportamenti abilisti che ci sono nei confronti delle persone con disabilità. Disabilandia è nato ridendo. Ho riso durante la gestazione e ho continuato a farlo in sala parto, se mi passi la similitudine, quindi prima di tutto spero che faccia divertire chi lo legge. Poi, quello che volevo fare era calcare così tanto sulle etichette fino a stracciare il foglio su cui stanno appiccicate e renderlo inservibile, per cui se anche un* sol* lettore/rice è riuscit* a fare a pezzi qualche pregiudizio sulla disabilità, io sono più che felice.


Attraverso i social sei molto attiva, presente, viva, si coglie perfettamente quello che vuoi dire e come lo vuoi dire. Parli di disabilità, di ingiustizia, di tabù. Quali sono i luoghi comuni per eccellenza che hai vissuto sulla tua pelle?


Sicuramente essere considerata un’eterna bambina è il pregiudizio più frequente che subisco e si palesa generalmente con comportamenti molto fastidiosi, come effusioni non richieste, improbabili vocine alla cip e ciop, o con atteggiamenti mirati a sminuire la mia professionalità.


Il sesso e la disabilità. Sesso e rapporti romantici. Perché, nell’immaginario collettivo, sono due cose che non posso coesistere? Perché, sempre nell’immaginario collettivo, una esclude l’altra?


Si tratta di qualcosa che ha radici abiliste molto antiche e che attraverso una rappresentazione mediatica errata ha continuato a persistere. Nella comunicazione, nei media e nei prodotti audiovisivi le persone con disabilità sono sempre state infantilizzate, rappresentate come oggetto di pietà o ispirazione. Questo porta automaticamente a una difficoltà nel considerarle come persone adulte, escludendole così da vita sentimentale, relazioni romantiche e sessuali. È uno stigma che andrebbe smantellato una volta per tutte.


Secondo te, perché non si parla in maniere adeguata della disabilità? Perché non si fa abbastanza informazione, divulgazione ed educazione?


C’è ancora l’idea che la disabilità riguardi solo “gli addetti ai lavori” o le persone disabili, per cui rimane circoscritta a questi ambienti, si fa molta fatica a far passare un’adeguata informazione attraverso la comunicazione mainstream. La disabilità invece ci riguarda tutt* e meriterebbe di entrare in tutti i canali dell’informazione.



Marina, ti stimo tantissimo come donna e ti sono ancora grata per aver accettato, puoi lasciare un messaggio, uno slogan, qualsiasi cosa per i/le nostr* lettorori/trici?


Non sono molto brava con i messaggi brevi e gli slogan, per cui ne approfitterei per invitare tutt*, se non lo fate già, a considerare la lotta all’abilismo come parte delle lotte femministe, perché in un’ottica pienamente intersezionale nessun* dovrebbe mai rimanere indietro.



bottom of page