Madre, modella, ma soprattutto donna. Questa settimana abbiamo avuto il piacere di incontrare (virtualmente) Nazareth Yemane, un giovane ragazza che, con coraggio e determinazione, sta lottando per realizzare il suo sogno di modella.
La nostra intervista era partita per indagare e scoprire quali fossero le difficoltà che una giovane mamma deve affrontare per realizzare i suoi obiettivi professionali, ma abbiamo scoperto in Nazareth una storia che parla a voce molto più alta.
Le sfide che ci si trova ad affrontare nella vita sono tante, e quelle di Nazareth non sono state sfide banali, ma come ci ha lasciato ben intendere lei in questa intervista, bisogna essere i protagonisti della nostra storia, proiettare ciò che di buono c’è in noi per affrontare in maniera propositiva ciò che ci accade.
Ma lasciamo che sia lei a raccontarvi la sua storia, una storia fatta di alti e bassi, di realismo e determinazione.
Ciao Nazareth, sentiti libera di introdurti come meglio credi.
Ciao, io sono Nazareth Yemane, ho origini eritree, ma sono cresciuta fino ai 9 anni in Sudan, paese confinante con l’Eritrea. Gli anni in cui ero piccola io, erano anni in cui molti eritrei scappavano in Sudan poiché era l’unico modo per sfuggire dalla dittatura.
Il Sudan è un paese arabo, molto diverso dagli altri stati africani.
All’età di 9-10 anni, nel 2004, mia madre decise di portarci in Italia, allo stesso modo di tante persone, con il gommone. Siamo partiti dalla Libia, io, mia madre e le mie due sorelle piccole.
Posso solo immaginare le difficoltà di quel momento per voi…
Difficile soprattutto per gli adulti che erano più consapevoli. Io ricordo tutto di quei giorni, ma ero meno cosciente del rischio e del pericolo. Non avevo idea che fosse una cosa pericolosa, così come poi si è dimostrata. Nel nostro primo tentativo di venire in Italia fallimmo. Eravamo in una barca aperta, tipo peschereccio, ma in 200 persone. Il secondo giorno che eravamo in viaggio, per un errore di calcolo di qualcuno finimmo la benzina. Eravamo in mezzo al Mediterraneo, senz’acqua e senza cibo per 5 giorni, in balia del nulla. Per fortuna, piano piano, le onde ci riportarono a riva, sulle coste della Tunisia. Di lì, essendo clandestini, tornammo a piedi in Libia. Dopo 5 mesi facemmo il secondo tentativo, per fortuna andò a buon fine.
Dove ti sei stabilizzata in Italia dopo quel lungo viaggio?
All’inizio mi accolsero a Lampedusa, lì fummo ospitati nel centro di accoglienza. Per fortuna la sorella di mia madre era suora e la sede principale del suo ordine era proprio in Italia, così grazie ai suoi contatti siamo arrivate alla nostra destinazione finale, un paesino piccolissimo in provincia di Forlì.
Hai avuto problemi legati all’immigrazione o ritieni di essere stata una persona fortunata e di non essere mai stata discriminata?
Per quel che riguarda razzismo ed integrazione, anche in merito al momento che stiamo passando, vorrei dire la mia, finalmente. Io non ho mai ricevuto nessun tipo di discriminazione per il colore della mia pelle, non ho mai sofferto il razzismo.
Ho sempre visto tanta curiosità nei mie confronti, e spesso può essermi capitato di vedere un'ignoranza buona, ma mai razzismo.
Ti faccio un esempio: quando dicono la frase “come parli bene l’italiano”, molti la vedono come una cosa offensiva, ma io non capisco, dov’è l’offesa? Anzi, può essere un apprezzamento. Purtroppo spesso la discriminazione diventa un ruolo. Non dico che il razzismo non esiste, ma a volte viene portato davvero all’esasperazione.
Io non ho mai affrontato la mia vita come “donna nera”, non mi ghettizzo da sola e non mi sento parte di una minoranza. Vivo la mia vita in quanto persona, non in quanto persona nera. Credo che la realtà che una persona vive non è altro che la proiezione di una realtà interiore. La maggior parte delle persone pensano che le cose che succedono siano un caso, cedendo così il loro potere all’esterno quando in realtà tutto ciò che viviamo, situazioni belle e brutte che siano, dipendono da noi, gli altri sono solo attori del nostro spettacolo.
Credo che parlare sempre di razzismo non faccia altro che rafforzarlo, bisogna parlare del suo opposto.
Tu sei una modella, hai sfilato su diverse passerelle e per vari editoriali, come hai iniziato questo percorso nel mondo della moda?
È una passione che mi porto da quando sono adolescente. Quando ero piccola guardavo sempre American Next Top Model, e volevo assolutamente provare a fare la modella. Mi sembrava assolutamente nelle mie corde: mi piace vestirmi, mi piace posare, mi piacciono le foto. A 17 anni trovai un agenzia che però nel tempo si rivelò una truffa. Quella fu la prima volta che vidi la cattiveria con i miei occhi.
Dopo quella delusione lì chiusi tutto e andai avanti per un'altra strada lavorando come commessa. A 22 anni mi trasferì a Milano per lavorare in un negozio, così, dall’oggi al domani. Di lì è iniziata la mia avventura milanese.
Molte persone mi contattavano su Instagram, chiedendomi di fare video o foto, e così mi tornò in mente di fare quello che realmente volevo, la modella.
Io adesso sono una modella freelance, non sono rappresentata da nessuna agenzia.
Credi che il mondo della moda, e in particolare nel tuo settore, stia andando sempre di più verso un concetto di inclusività?
Si parla sempre più di inclusione, di non fare body shaming ma di essere aperti e non giudicanti, ma nella moda non è così. È solo un trend che riguarda le donne curvy. Io ad esempio sono 1,65 cm ma per le agenzie non vado bene perché sono troppo bassa. L’inclusione in quel caso dov’è? La gente mi chiama per lavorare, ma le agenzie non mi vogliono.
Il mondo della moda non è privo di discriminazioni, è ipocrita. Quella dell’inclusività nella moda è, purtroppo, tutta una farsa.
Inoltre in questo mondo la gente non viene retribuita come dovrebbe, fanno leva sulla disperazione degli aspiranti modelli, molti ti dicono che ricambiano con visibilità. Io ho fatto tantissimi lavori gratis, compresi editoriali. Bisognerebbe darci il merito del nostro lavoro e rompere questo ciclo.
Da qualche mese sei diventata mamma di Stella, tua figlia. È difficile far conciliare la tua vita professionale e quella di mamma?
Io quando sono rimasta incinta pensavo di dire addio alla vita da modella e di Instagram. Non sapevo come mi avrebbe cambiato la maternità. Poi dopo essere diventata mamma mi sono detta “io sono sempre io”, certamente sono cambiata e mi sento maturata sotto tanti aspetti, ma il fatto di essere madre non deve privarmi di ciò che mi piace. Essere madri non è un limite. L’anno sorso mi ero cancellata da IG e l’ho riaperto solo qualche mese fa, il motivo principale è che vorrei stare più tempo possibile con Stella a casa e il lavoro digitale lo posso sempre integrare (infatti sto aprendo un canale YouTube), mentre sul set ora la porto spesso con me. Lei è molto tranquilla e serena e mette sempre tutti in una vibes bellissima, direi di pace. Un mese fa eravamo in un shooting con venti ragazze, ho portato con me anche Stella ed era diventata la mascotte del set.
Su IG ho visto che hai voglia di metterti in gioco, di aprire un tuo canale YouTube. Cosa dobbiamo aspettarci? Cosa ci sarà?
Il mercato di YouTube sembra saturo. Mi stavo scervellando su cosa proporre, cosa dire, che contenuti creare, e questo mi stava mettendo un pò di paranoie, mi stava portando ad avere paura del giudizio altrui. L’altro giorno ho registrato il mio primo video parlando proprio delle paura che hanno le persone quando iniziano qualcosa di nuovo nella vita. Voglio parlare di tutto ciò che mi va, dalle frivolezze modaiole a discorsi più esperienzali legati alla mia vita.
Se potessi avere il potere di eliminare qualcosa dal mondo, per lasciare a tua figlia un futuro migliore, quale sarebbe?
L'ipocrisia e la cattiveria, il moto delle cose più brutte.
PH. Cover Credits: Pavel Golik - Vogue
PH. Credits: Arianna Genghini - Thisbitch
PH. Credits: Francesca Moscino - I-D vice
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