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Era da un po' che volevo intervistare un uomo e volevo farlo entrando un po' nel nuovo panorama musicale che per me, spesso, è un mondo sconosciuto e accostandolo e avvicinandolo al mio mondo. Ho fatto sì che la musica ed il femminismo si mescolassero e l'ho fatto intervistando Vespro, un giovane cantautore napoletano, attento, sensibile e vicino a determinate tematiche come, appunto, il femminismo.
Photo by Arianna Puccio
Vespro, pseudonimo di Emanuele Daniele Ruffo, nasce a Napoli il 26 novembre 1996. Cresciuto ascoltando r&b e hip hop, muove i suoi primi passi nella musica già da adolescente. Partito come rapper, inizia a sperimentare sonorità più melodiche, anche grazie alla collaborazione con il producer Omake. L’11 gennaio 2019 esce il suo primo singolo interamente cantato “512”. Da quel momento inizia il sodalizio con Kumomi che lo porta alla scoperta di sonorità a cavallo tra l’r&b, il pop e la musica elettronica, condensate in "Quando non ci sono", il suo ultimo singolo.
In pochissime parole Vespro è un cantante emergente di Napoli, ma con più parole? Cosa ci diresti? Parlaci un po’ di te.
Ciao Silvia, Vespro è un giovane cantautore di 24 anni nato a Napoli e cresciuto in periferia. Attraverso la propria musica prova a raccontare la sua storia, le sue emozioni e il suo vissuto. Ci tengo a puntualizzare che non sono più un rapper anche se spesso vengo scambiato per tale, ma in realtà sto cercando di ampliare la mia visione musicale ed artistica. Chiaramente mi muovo tra il mondo urban e quello pop, cercando però di aggiungere più sfumature possibili ai miei progetti attingendo da tutto ciò che mi piace.
- Da poco è uscito il tuo nuovo singolo “Quando non ci sono” e ci ha colpito in particolar modo il momento in cui dici “non cercare sempre il problema nascosto, forse sono io che sbaglio e mi perdono”, cosa vuoi dire?
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Allora, nella frase che mi hai indicato intendo un modo di fare che mi caratterizza spesso: ogni volta che mi sento triste oppure quando ho un momento di confusione, tendo a
darmene sempre la colpa. Di solito cerco nervosamente ciò che ha fatto andar male qualcosa imputandolo come mio errore e di contro quando realmente sbaglio io tendo a perdonarmi facilmente. Infatti proprio quando dovrei fare ammenda e chiedere scusa, mi giustifico e minimizzo il mio errore. A tal proposito citerei una frase di Levante nel brano Rancore in cui mi rivedo molto: “come ti perdoni in fretta se gli errori sono solo tuoi”.
Photo by Arianna Puccio
Se potessi scegliere un verso di una tua canzone che ti racconta meglio, in modo intimo, profondo, viscerale, quale sarebbe?
Diciamo che tutte le canzoni che scrivo sono piuttosto introspettive e mi raccontano sotto diversi punti di vista e da diversi lati. Sicuramente però ci sono alcuni pezzi che sono più complessi rispetto ad altri come Emanuele. E’ stato molto difficile per me scrivere quel brano perché per la mia volta mi sono messo totalmente a nudo raccontando della mancanza di mio padre, è uno dei testi che più odio e che più ho a cuore. In verità non è ancora uscita la canzone che meglio mi descrive e si chiama Anch’io contenuta nell’ep che uscirà a breve. Anch’io è scritta in modo semplice, non ha molti giri di parole, però mi racconta a pieno e descrive le emozioni che ho provato durante la scrittura. Direi che la frase che mi racconta meglio, in modo intimo, profondo e viscerale è: “mi sono svegliato un giorno ed ero un uomo e non ho saputo fare niente”.
Sei un ragazzo, un uomo, sei qui su Kube, una piattaforma che celebra l’uguaglianza, le pari opportunità, la rivendicazione delle donne, delle diverse comunità che purtroppo sono ancora emarginate, una piattaforma che cerca giornalmente di far emergere quei temi ancora troppo scomodi: se ti dicessi “gli uomini non piangono” oppure “gli uomini non devono farsi offrire la cena da una donna” o ancora “non fare la femminuccia”, tu da ragazzo, da uomo penso che almeno una volta nella vita ti sarai sentito dire una cosa del genere, come ti approcci a questo?
Assolutamente sì, mi sono sentito spesso dire certe cose. Vengo da una famiglia media del sud e diciamo che, pur essendo cresciuto con sole donne ed essendomi stata trasmessa una certa sensibilità verso l’universo femminile, purtroppo, volente o nolente, dall’ambiente in cui cresci assorbi un po’certi preconcetti. Mi sta tanto a cuore la tua frase “gli uomini non piangono” perché mi riporta al brano dei The Cure, ma soprattutto al modo in cui ha estrapolato ed elaborato il concetto Frank Ocean, che poi è uno degli artisti che amo di più. Lui è un cantante afroamericano bisex davvero sensibile, infatti nei suoi testi tratta spesso di questo tipo di tematiche ed è uno di quegli artisti d’oltreoceano che riescono a parlare di introspezione, di depressione, dei problemi della psiche e a sdoganare completamente la sensibilità maschile. Oltre a Frank Ocean, ci sono altri artisti italiani che mi hanno trasmesso questo tipo di sensibilità e questa grande apertura mentale, vedi Ghemon o Caparezza. Anche l’aver studiato al liceo classico, frequentato maggiormente da ragazze, ha contribuito a costruire quello che sono oggi. Ed è proprio lì che ci fecero studiare un passo dell’Iliade che mi ha molto colpito in cui Achille, considerato uno degli eroi più importanti all’interno della mitologia greca, piange per la morte di Patroclo, suo amante. Quel passo mi ha dato grande coraggio nonostante sia sempre stato un ragazzino molto sensibile ed emotivo con la paura di mostrarmi debole agi altri. Mi dissi “ok, se un eroe come Achille può piangere, allora non è sbagliato se un uomo si lascia andare alle lacrime e mostra il suo lato più sensibile”.
Le donne, gli uomini e la musica. In questo panorama pensi che vi sia una discriminazione, una disparità? Se sì, perché? Cosa possiamo fare?
Purtroppo sì. Quello che noti a primo impatto quando apri le playlist su Spotify, soprattutto nel mondo urban, è che ci sono una marea di artisti uomini e molte meno artiste donne. Conosco un po’ di artiste emergenti che si stanno facendo strada in questo panorama non senza difficoltà. Specialmente nel mondo del rap spesso capita di vedere la donna svilita e presa poco sul serio perché questo genere in Italia viene considerato più maschile, quando poi non è così. Si ha questa idea che il rap sia del maschio macho che parla di determinate tematiche, tratta le donne in un determinato modo e tutto quello che è altro viene messo alla berlina. E’ difficile andare in quella direzione lì quando ci sono certi preconcetti.
Ma non pensi che oltre all’esclusione della donna, nel panorama musicale, non ci sia una sessualizzazione?
Certo. Quello che noto, anche a livello mondiale, è che molte cantanti spesso vengono prese in considerazione più per la loro bellezza che per il loro talento. Un esempio è quello di FKA twigs, una delle artiste più talentuose e interessanti nel panorama musicale globale, che ha appena pubblicato un concept album pazzesco intitolato MAGDALENE, come il personaggio biblico di Maria Maddalena, figura interessante quanto controversa. Eppure, per quanto FKA twigs sia una eccezionale cantautrice e un’ottima ballerina, non mi sembra che le sia stato riconosciuto quanto avrebbe meritato. Purtroppo il maschio bianco occidentale è più abituato ad apprezzare il corpo femminile, piuttosto che il lato artistico di una donna che sceglie di non mostrarsi in chiave erotica, ma piuttosto di mantenere la propria identità senza trovare la necessità di girare un video in cui balla mezza nuda.
Credo che siamo ancora lontani dall’affrancarci da certi retaggi, ma credo pure che ci siano moltissim* artist* che stanno lavorando per far consolidare questo tipo di idee. Vedi Miley Cyrus, Sam Smith, Arca e pure Achille Lauro, Madame e Ariete.
Quello che possiamo fare per combattere questi pensieri è cercare di fare informazione, educazione e ascolto alle voci femminili creando uno spazio paritario anche all’interno del panorama musicale.
Progetti per il futuro? Puoi dirci qualcosa?
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Nelle prossime settimane uscirà il mio primo EP, ma non sono fermo. Non ho smesso di scrivere e di produrre robe nuove. Per ora non voglio prendermi pause, ma anzi sto già lavorando a dei brani nuovi che usciranno probabilmente tra questo inverno e la prossima primavera.
Ho tantissima voglia di fare e sperimentare, l’idea di sedermi a guardare la mia vita non mi ha mai stimolato.
Photo by Arianna Puccio
Se potessi dire qualcosa, un messaggio, uno slogan, se potessi lasciare qualcosa, cosa ci diresti?
Qui rischierei di essere tremendamente banale però ho una cosa che cerco di ripetermi tutti i giorni: credi in te stesso. Sono una persona piuttosto insicura e ho bisogno sempre di sentirmi spronato e stimolato da fuori perché da solo tendo un po’a perdermi nei miei pensieri, ma cerco di ripetermi sempre di credere in me stesso e nelle mie capacità, di camminare tutti i giorni con in tasca la consapevolezza di chi sono, chi sono stato e chi voglio essere.
Bisogna mantenere davanti agli occhi l’obiettivo e continuare in quella direzione anche quando capitano dei momenti più difficili in cui si fa fatica a procedere. Serve mantenere il focus e cercare di cambiare il punto di vista quando qualcosa non sta funzionando. Il successo è dentro di noi, dobbiamo solo trovare il modo di tirarlo fuori nel modo giusto.
Ci tengo a ringraziare di cuore per questa splendida intervista Silvia, un’anima luminosa. E grazie a tutto il team di Kube per il lavoro puntuale e importante che con molto impegno sta portando avanti.
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