top of page

KUBE

La consapevolezza di avere vent'anni e un corpo sano



Searching For Connections, Elia Pellegrini Photography @eliapelle


 


Mai come in questo periodo di pandemia ci siamo accort* di quanto sia importante tutelare le altre persone. Non che prima non fosse vitale, ma in situazioni dove ciò che viene considerato ordinario è un miraggio, è più facile soffermarsi a riflettere e compiere uno sforzo che prima non ci era richiesto (ha tutte le peculiarità di un privilegio, non dimenticatevelo).

Verso la fine di febbraio e agli incipit di marzo, sui social e al telegiornale si iniziava a parlare del fatto che alcune persone fossero a rischio di sviluppare i sintomi più gravi della malattia, per anziani, persone affette da altre patologie o condizioni mediche il virus poteva rivelarsi letale.

Ma la percezione di chi non rientrava direttamente in queste categorie, è rimasta pressoché invariata, la consapevolezza di avere vent’anni e un corpo sano ha prevalso sul bene collettivo. Ricordo l’ironia con la quale ho schernito chiunque pubblicasse pseudo-bollettini, le discussioni con le amiche si focalizzavano sul fatto che si stesse esagerando e che probabilmente le decisioni che si iniziavano a prendere trovavano origine nell’allarmismo più becero. Tuttavia, poco meno di una settimana dopo, i bollettini ante-litteram che disprezzavo, sono diventati parte della mia routine. Li aspettavo in silenzio, li leggevo in silenzio.

Per la prima volta ho iniziato a pensare al fatto che potessi infettare o uccidere qualcun*. Indossare una mascherina, rispettare le distanze di sicurezza, lavarsi spesso le mani ed evitare gli affollamenti permettono di tutelarsi e di tutelare correttamente le altre persone.

L’argomento dell’articolo non riguarda la pandemia, tuttavia credo che ci siano delle peculiarità non indifferenti.


Il bene collettivo si è palesato davanti agli occhi con prepotenza come mai nella contemporaneità. Ci tengo a sottolineare ancora una volta quanto sia stato sempre fondamentale, ma la brutalità con la quale si è diffusa l’epidemia ha creato una forzatura obbligandoci ad agire diversamente e in modo repentino: le nostre abitudini hanno subito un lesto cambiamento, lo stesso è valso per la nostra percezione e il nostro modo di intendere il mondo e la società. Abbiamo riscoperto la collettività laddove il pensiero comune ha visto i singoli astratti dalla loro collocazione sociale.

Ed è qui che voglio ricordare quanto sia essenziale prendere atto della propria posizione all’interno della società: abbiamo il dovere di occuparci delle altre persone in una dimensione collettiva e altruista. Il discorso non riguarda soltanto la situazione attuale sanitaria, deve essere necessariamente esteso alle oppressioni sistemiche. Il privilegio del corpo di una ventenne in salute metaforicamente assomiglia al privilegio di un corpo bianco, di un corpo di maschio cisgender, e il privilegio - vantaggio che poco ha a che vedere con la meritocrazia (un falso mito) - è sempre a discapito di altre persone che conseguentemente si trovano in una posizione subalterna e di coercizione. Ne deriva che volente o nolente, chi possiede un privilegio trae un enorme beneficio sociale. Io sono una donna bianca abile cisgender eterosessuale, essendo bianca non subisco alcun tipo di razzismo, essendo eterosessuale non vengo schernita o derisa o picchiata per il fatto di essere omosessuale, bisessuale o pansessuale o altro, sono cisgender non subisco episodi di violenza come le persone transgender, in una società abilista non mi capiterà mai di essere considerata eroica o coraggiosa per il fatto di avere una disabilità. La verità è che il privilegio sistemico uccide.


Tuttavia, quando il privilegio viene utilizzato responsabilmente, può giovare alle altre persone. E questo il femminismo intersezionale lo professa da anni.




71 visualizzazioni

Yorumlar


bottom of page