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La mobilitazione social per il ddl Zan


In un Paese civile, come l’Italia può vantarsi di essere in diversi ambiti, una legge volta a contrastare le discriminazioni basate su «sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità» non dovrebbe essere oggetto di disputa tra linee politiche ed ideologiche divergenti, ma un terreno comune per chiunque abbia a cuore il principio di uguaglianza su cui si basa la nostra Repubblica, come ha ricordato anche il presidente Mattarella in occasione della scorsa Giornata contro l’omobitransfobia.


Eppure una legge di questo tipo, che oggi si presenta nella forma del ddl Zan, non solo incontra sfavori presso alcuni - sempre i soliti - parlamentari e presso una fin troppo estesa fetta di pubblico, ma viene addirittura ostacolata dal seguire il percorso canonico che porterebbe alla sua approvazione e conseguente applicazione. Infatti, dopo essere stato finalmente approvato dalla Camera a novembre, il ddl Zan si trova ora “in ostaggio” della Commissione di Giustizia, il cui presidente, Andrea Ostellari (Lega), temporeggia per non avviare l’iter che porterebbe il disegno di legge ad essere discusso in Senato, decidendo tranquillamente di ignorare l’importante dibattito in corso. Il potere decisionale di cui dispone questo individuo appare spropositato ed assurdo considerando che sono in gioco il futuro e la sicurezza di molti cittadini italiani.


Mentre il Senato si dedica alle sue cosiddette priorità - discussioni di fondamentale importanza tra le quali le questioni “etichettatura del vino” e “restauro del Teatro antico” - le persone italiane appartenenti alla comunità lgbt+ continuano a venire discriminate, derise ed aggredite in ogni parte del Paese. I casi di cronaca più recenti, come quello di Jean Pierre e Alfredo, vittime di un attacco omofobo a Villa Aurelia, e quello di Malika, cacciata di casa e disconosciuta dalla propria famiglia perché fidanzata con una ragazza, hanno dato una rinnovata spinta a chi chiede di procedere con l’approvazione di una legge che potrebbe aiutare ragazzi come loro ad ottenere giustizia e creare una cultura nazionale più rispettosa delle differenze.



Oltre agli attivisti delle comunità interessate, anche diversi personaggi pubblici hanno fatto sentire la propria voce affinché il ddl Zan possa ottenere rapida approvazione. Fedez e Chiara Ferragni, da qualche tempo sempre più interessati alle battaglie sociali e social, stanno promuovendo attivamente le campagne a favore di questa legge: ad inizio mese, il rapper ha anche partecipato ad una diretta con Alessandro Zan per informarsi in quanto persona esterna alla comunità e per chiarire i dubbi dei suoi followers riguardo alla proposta di legge, dimostrando come essa sia una causa che tutti i cittadini italiani dovrebbero avere a cuore. La cantante Elodie si è esposta su Instagram mostrando il suo supporto al disegno di legge e criticando gli oppositori, e ricevendo di rimando una pioggia di insulti sessisti da parte degli stessi.









Altre personalità del mondo dello spettacolo si sono poi accodate alla richiesta, decidendo di metterci la faccia anche letteralmente: la campagna #diamociunamano promossa da Vanity Fair, che prevede una foto con scritto “DDL ZAN” sul palmo della mano, ha infatti raccolto le adesioni di moltissime celebrità, da volti noti ai più (tra cui Donatella Versace, Vladimir Luxuria, Alessandra Amoroso, Cristina Parodi, Loredana Bertè, Ermal Meta e molti altri) agli influencer e ai tiktoker che spopolano tra i giovani.




L’on. Zan, in un’intervista per La Nazione, ha così commentato:

«Sono davvero grato a Fedez ed Elodie per essersi esposti così tanto, e non sono stati gli unici: negli ultimi giorni si sono aggiunti tanti nomi dello spettacolo e della cultura a sostegno di questo provvedimento. Voci autorevoli e molto ascoltate aiutano a tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica, e quindi della politica, su questi temi. Il nostro Paese è in ritardo di decenni rispetto agli altri grandi paesi occidentali, non ci possiamo permettere di perdere anche questa occasione».


In altri Paesi, l’endorsement da parte di personaggi pubblici esterni al mondo della politica a candidati e movimenti politici non è una novità, ed ha spesso contribuito ad influenzare l’opinione pubblica: durante le Presidenziali americane dello scorso anno, l’incoraggiamento e l’esempio sui social di diverse celebrità hanno spinto molti più giovani a registrarsi per votare.



Nel nostro caso, la mobilitazione sociale ha come obiettivo principalmente la sensibilizzazione del pubblico e la richiesta ai parlamentari di calendarizzare questa discussione. Molti attivisti, forti della visibilità ricevuta, si sono anche lanciati in azione tra petizioni, iniziative di mail-bombing, video di fact-checking / debunking delle fake news e perfino creazione di un sito dedicato (https://www.davocealrispetto.it/).

Tutto questo contribuisce ad alimentare il coro di voci che vogliono assicurarsi che chi ci governa dia la giusta importanza al rispetto verso quegli italiani che ogni giorno si vedono discriminati per la loro identità o per il loro diritto di stare con la persona che amano.



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