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La televisione italiana non ce la fa!

Ogni volta in cui accendo la televisione so che ci sarà qualcosa che mi farà arrabbiare. Ed infatti così accade. Ci sono sempre gli stessi volti, si commettono sempre gli stessi errori, non si colmano vuoti. I programmi, le serie e le fiction trasmesse sono totalmente incapaci di fornire strumenti per rileggere il reale. Allo stesso tempo però accendere la tv ci aiuta a capire cosa si guarda fuori dalla nostra bolla Instagram. Cosa guardano i nostri zii, le nostre cugine, il vicino di casa, la signora del piano di sotto. Perché, di fatto, mentre con supponenza qualcuno dice che Temptation Island fa schifo e che Sanremo andrebbe chiuso, quei programmi ci danno ancora la dimensione di quello che accade e che molte persone ancora seguono. E questo non si può ignorare.


In un periodo storico in cui su internet si parla sempre di più di violenza di genere, di decostruzione di stereotipi, di smantellamento della cultura patriarcale e della mascolinità tossica, la televisione continua, al contrario, ad alimentare quella cultura di cui dovremmo liberarci. Uno degli ultimi episodi che ha, giustamente, indignato e fatto arrabbiare vede protagonista Barbara Palombelli che ci invita a riflettere su eventuali comportamenti esasperanti delle donne vittime di femminicidio. Victim blaming e cultura del possesso a portata di telecomando. Nonostante la gravità di quanto affermato da Palombelli, la presentatrice continua a condurre Forum, un programma che tantissime volte è stato estremamente problematico. Ma dopotutto, quello che ha detto Palombelli, è esattamente l’idea di base di un sistema che non lavora per decostruire la cultura del possesso che vede nella sua massima espressione l’eliminazione fisica della donna.




Non molto tempo fa la Rai ha trasmesso “Le indagini di Lolita Lobosco”. Nella prima puntata viene denunciato uno stupro che poi si scopre non essere mai avvenuto. Stessa cosa è successa, nello stesso periodo, in una puntata di “Che Dio ci aiuti” . Questo, che qualcuno ha definito in quei giorni “semplice espediente narrativo”, è molto pericoloso in un paese in cui una donna che subisce uno stupro non denuncia per paura di non essere creduta. Raccontare in prima serata storie del genere rafforza quella sovrastruttura culturale che vede nelle donne delle bugiarde esagerate: questo tipo di narrazione dà una grossa mano alla cultura della stupro. La televisione invece dovrebbe fare l’esatto contrario: decostruire la rape culture pezzo dopo pezzo, fornire strumenti per riconoscere la violenza, insegnare il rispetto dei corpi e delle identità altrui, insegnare la cultura del consenso.


Le pagine di trash impazziscono completamente quando va in onda Temptation Island. Lo guardiamo e ridiamo per trascorrere la serata. Ma quelle risate sono pericolose se non abbiamo i mezzi per capire cosa sta narrando quel programma. C’è in Temptation Island, una continua normalizzazione di relazioni abusanti, di stereotipi eteronormati, del doppio standard. Ultimo esempio molto noto è quello di una coppia in cui il ragazzo ha dimostrato di essere geloso e possessivo ed ha pronunciato la frase “lo sai quanto sono malato” parlando della sua gelosia nei confronti della sua compagna. Un ragazzo che pretendeva di avere totale controllo sul corpo della donna: dall’abbigliamento al modo di approcciare al resto del mondo. La frase pronunciata racconta benissimo quello che si pensa di persone così pericolose: sono malati, amano male. Questo tende a giustificare quel tipo di atteggiamento e a rendere responsabile chi lo subisce per aver scatenato reazioni.

Quel tipo di gelosia non è malattia, ma figlia sana di una società che ci insegna solo a possedere l’altra persona e a non rispettare i confini del suo corpo, della sua vita e della sua volontà. Ed è la donna nella maggior parte dei casi a subire quel tipo di gelosia. Temptation Island manda in onda relazioni abusanti. Spesso le concorrenti ed i concorrenti raccontano delle loro relazioni e sono quasi tutte problematiche: violenza psicologica, economica, ricatti, rapporti di forza, controllo. Non tutte le persone hanno gli strumenti per capire che quel tipo di relazione è una relazione violenta. Montarci uno show e mandarlo in onda in quel modo significa normalizzare una relazione abusante. Significa renderla parte del senso comune. La televisione dovrebbe, al contrario, dare tutti gli elementi possibili per riconoscere la violenza in ogni sua forma.


Un programma molto seguito, anche dalle persone più giovani, è Amici. A parte darci l’illusione di essere un programma che mette al centro le ragazze ed i ragazzi, Amici è problematico sotto tantissimi punti di vista. C’è continuo body shaming, ci sono continui siparietti sessisti, continue umiliazioni e le concorrenti ed i concorrenti hanno uno spazio infinitamente marginale. Infatti un altro grande problema della nostra tv, è la quasi totale assenza di giovani sia in studio che dietro lo studio, con qualche rara eccezione. Amici si spaccia come programma per le nuove generazioni ma è in realtà distante dai temi che le nuove generazioni stanno portando all’attenzione del loro tempo.


Questo lo dimostrano anche molti ospiti soprattutto del serale, la fase del programma che va in onda in prima serata. Nelle ultime edizioni ospiti quasi fissi sono stati Pio e Amedeo. Due nomi , due garanzie eh? Noti per sessismo, omofobia e razzismo, sono stati al centro di un altro acceso dibattito in seguito ad un loro intervento pieno di slur omofobi e razzisti in una puntata di “Felicissima Sera”. Pio e Amedeo sono anche stati premiati per aver innovato la tv. Quale sarebbe l’innovazione? Il linguaggio sessista, omofobo, violento, razzista? Quello purtroppo lo conosciamo a memoria. Ne è piena la tv. Vi ricordate Striscia la Notizia che imita, ridicolizzandoli, i tratti somatici delle persone asiatiche? O tutti gli episodi in cui è stata pronunciata la n-word? O Tale e Quale Show che ha proposto e riproposto la blackface? Noi sì, e no non c’è nulla di divertente: quello è razzismo ed il razzismo non fa ridere.



In queste situazioni, dopo aver fatto notare l’errore, i programmi ricorrono sempre alla retorica della dittatura del politicamente corretto. Mettiamo in chiaro le cose: non c’è alcuna dittatura del politicamente corretto, semplicemente ora le categorie prese di mira ve lo fanno notare perché si stanno prendendo la loro voce ed i loro spazi. Lo sappiamo che ci avete fatto una carriera sugli slur razzisti, omolesbobitransfobici e sessisti ma è tempo di farsi da parte. Quello che fate era sbagliato anche prima. Nonostante i vostri “non si può più dire niente”, dite ancora troppe cose.



Quest’ultima edizione di X FACTOR , invece, è stata presentata come una rivoluzione culturale. Il programma ha tolto le categorie per le persone partecipanti e ha provato ad introdurre alcuni temi. Infatti nella fase di audizioni si è parlato, ad esempio, di non binarismo con un breve accenno alla questione del corretto utilizzo dei pronomi. Nonostante questo però, X Factor non è la risposta e ha presentato, fino ad ora, moltissime criticità. Sicuramente è l’unico programma di mia conoscenza condotto da una persona di ventisei anni, Ludovico Tersigni, attore tra i protagonisti della serie Skam. Però è comunque un maschio, bianco ed abile. Il linguaggio utilizzato non ha alcuna attenzione a non usare solo il maschile. E, con la formazione delle squadre, il programma avrà due sole concorrenti donne. Tutte le persone protagoniste dell’edizione sono persone bianche. Questo dimostra che non c’è reale attenzione ad innovare i contenuti, è solo una finestra per rincorrere i temi di cui si parla molto in questa fase su internet e sui social. X Factor ha fatto solo una grande operazione di marketing che, però, non ha nulla a che fare con le battaglie che le persone portano avanti nelle piazze virtuali e fisiche.



Ci sono miliardi di esempi che testimoniano la totale incapacità della televisione, soprattutto quella generalista, di innovare i contenuti, mettersi in discussione, rileggere il presente. Questo non accade solo nei programmi di intrattenimento, ma anche in quelli di dibattito politico. Dobbiamo nominare Giletti e il modo squallido in cui ha raccontato violenze sessuali in più e più casi? Propaganda Live che ha presentato grandissime criticità nonostante la velleità di proporsi come programma all’avanguardia? Ed infatti qualche tempo fa Rula Jebreal aveva portato all’attenzione il tema della scarsa presenza femminile nella puntata in cui era invitata, rifiutandosi quindi di prendere parte. La risposta da parte di Zoro fu solo un grande spiegone vittimistico misto a mansplaning. Ma dopotutto in quel programma a farci fare gli spiegoni da uomini attempati e bianchi sono abituati.


La televisione ha una grande responsabilità nella narrazione ed anche nell’educazione, esattamente come i giornali. Continuare a proporre contenuti pericolosi significa alimentare la cultura che ne è alla base: quella patriarcale.



La televisione cambierà solo quando sarà in grado di mettere in discussione se stessa, solo quando vorrà smettere di assomigliare solo ad un boomer razzista, sessista ed omofobo ed aprirsi finalmente ad altri scenari. Ma fino a quando vorrà somigliare solo a Don Matteo e dare tapiri alle donne che vengono tradite facendole sentire delle fallite ed umiliandole, avremo un grosso problema che ha che fare con l’emancipazione di questa nazione.

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