Ispirata alla serie di romanzi per ragazzi di Ann M. Martin e reboot della serie HBO del 1990, The Baby-Sitters Club è stata una delle novità estive di Netflix.
La serie creata da Rachel Shukert è composta da dieci episodi e ruota attorno alle vicende di un gruppo di amiche delle scuole medie, Kristy, Claudia, Stacey, Mary Anne e Dawn, alle prese con la loro piccola impresa al femminile, un’agenzia di baby-sitter. Ambientata nel Connecticut odierno, la serie trae ispirazione da alcuni dei capitoli più interessanti della serie di romanzi omonima, contemporaneizzandone naturalmente alcuni aspetti.
Preponderante è infatti la presenza dei social media, come Instagram o Pinterest e frequenti sono le citazioni alla cultura popolare, dai riferimenti a Clueless (nella serie troviamo la stessa Alicia Silverstone nel ruolo della madre di Kristy), a Rupaul’s Drag Race e a Hamilton.
Nel fare questo però, la serie non snatura affatto i romanzi di Martin, i quali, pubblicati anche in Italia tra gli anni ’90 e 2000, hanno plasmato un’intera generazione. Nonostante la letteratura giovanile sia un filone vario e prolifico, la serie The Baby-Sitters Club riesce infatti a distinguersi tra tanti titoli, raccontando con grande sensibilità un gruppo eterogeneo di ragazze così diverse in un’età tanto delicata, creando delle personalità tridimensionali con cui è facile identificarsi.
Come nei libri, sullo schermo vediamo la fondatrice del club Kristy, grintosa, energica, una leader nata, in lotta per accettare la sua caotica famiglia allargata e la sua migliore amica di sempre, Mary Anne, una ragazza timida, insicura, schiva, amante dei musical che dopo la morte della madre deve imparare a convivere col padre severo. Le due, un po’ chiuse e diffidenti, creano questa piccola attività per guadagnare qualche spicciolo, appoggiandosi a Claudia, pittrice talentuosa, eccentrica, spavalda ed estroversa e alla sua nuova amica Stacey, amante della moda appena trasferitasi da New York e futura tesoriera del Club. Non senza remore iniziali da parte di Kristy, il Club viene poi arricchito da Dawn, anche lei appena approdata a Stoneybrook dalla California, una giovane attivista politica vegana, intelligente, empatica e figlia di una vecchia fiamma del padre di Mary Anne.
The Baby-Sitters Club, già nella sua versione letteraria, raccontava i problemi della prima adolescenza come i primi amori, la diversità, i problemi con la propria body image e con la famiglia e la serie riesce allo stesso modo a metterli in scena attraverso gli occhi di un gruppo di Gen-Zers, che si rivelano molto sensibili sui temi sociali, come dimostra ad esempio la puntata dove Kristy fa da babysitter ad una bimba transgender o l’episodio finale del campeggio dove Dawn e le amiche innalzano barricate per protestare contro i classisti corsi di pittura su stoffa a pagamento.
La serie dunque dimostra tutto il valore, il coraggio e la caparbietà delle piccole donne delle nuove generazioni e lo fa attraverso una sceneggiatura acuta e un linguaggio al passo coi tempi. Interessante è anche sottolineare l’inclusività della serie a partire dal cast tecnico fino a quello artistico: Mary Anne infatti è interpretata da Malia Baker, nata in Africa e cresciuta in Canada, Claudia invece -come nei romanzi- è una giovane americana di origini giapponesi come la sua interprete Momona Tamada e Dawn e è una giovane latinx interpretata da Xochitl Gomez. Forti, capaci, sensibili e curiose, le nostre baby-sitter sono le donne del futuro e la serie ci dimostra davvero quanto possono essere potenti le donne quando si alleano e rimangono unite, in onore di quella sorellanza femminista che è l’essenza più profonda dei romanzi di Ann M. Martin.
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