![illustrazioni di Jeanie Lochhead](https://static.wixstatic.com/media/c141d8_5c49fc521c104ddca4118063de627db8~mv2.jpg/v1/fill/w_980,h_980,al_c,q_85,usm_0.66_1.00_0.01,enc_auto/c141d8_5c49fc521c104ddca4118063de627db8~mv2.jpg)
Animalier, animal print, animal style, questi sono alcuni degli appellativi dati a quell'inconfondibile stile selvaggio che indossato ci riconnette con la parte più istintiva, regalandoci un breve brivido irrazionale. Dior è stato il primo ad impiegare la stampa leopardata nelle sue creazioni Jungle e Afrique, ma le origini del savage style sono ben lontane dai giorni d’oggi.
C’è stata un’epoca in cui è stato sinonimo di ricchezza e opulenza, legato ad eventi cerimoniali, in un’altra bandito perché alludente al peccato. L’animalier si sa non mette tutti d’accordo, ma è innegabile che oggi sia entrato a far parte del mainstream calcando le più importanti passerelle. E se nel passato il pattern animalistico era legato prevalentemente ad un allure selvaggio, oggi appare con aspetti diversi: dal concettuale e geometrico zebrato, tanto caro all’interior design, al più disparato mix and match sempre più presente negli accessori.
Basti pensare all’audace total-look presentato da Max Mara per l’Autunno-Inverno 2018-19, o al cappotto tigrato di Bottega Veneta. In entrambi i casi la grammatica stilistica vuole mettere in luce una donna nuova, fiera, ed ironica, pronta ad affrontare la moderna giungla metropolitana.