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La moda dopo la pandemia: come cambieremo?


Un nuovo anno è finalmente iniziato. Possiamo gettarci alle spalle quello definito come l’anno più drastico del nostro secolo, per guardare fiere e fiduciose al futuro.

Ma cosa ci riserverà quest’anno così ricco di speranza? Come cambierà il mondo dopo una pandemia globale? Ma soprattutto, cosa indosseremo? Rispondere a questa domanda non è certamente semplice, ma oggi cercheremo di fare un piccolo sforzo ed analizzare, insieme a voi, quali sono stati i cambiamenti nel settore della moda e come questo ha influito e influirà sul nostro modo di essere consumatori. Ciascuno di noi potrà essere testimone di come le sue abitudini nell’acquisto di capi e accessori siano notevolmente cambiate durante l'anno. C’è chi ha acquistato pochissimo, solo lo stretto necessario per la sopravvivenza, e chi invece si è concesso qualche piccolo sfizio in più, tuttavia l’atteggiamento più comune nel consumatore è stato “adesso non mi serve”. Questa drastica riduzione d'acquisto, più che comprensibile e certamente non errata, ha inevitabilmente portato a una delle più grandi crisi che il settore moda abbia mai dovuto affrontare, che le è costata (secondo quanto riportato da Confindustria) circa 29 miliardi di euro. Ma scavando più a fondo, cosa è mutato dentro di noi e nel nostro rapporto con l'acquisto? Il cambiamento sarà temporaneo o a lungo termine? Durante l’anno passato il nostro modo di fare shopping è completamente cambiato per tre diversi aspetti: tipologia di beni richiesti, modalità di acquisto e cosa più importante, etica d’acquisto. Quello che potrebbe essere considerato il punto più semplice da indagare, è la tipologia dei beni richiesti: basterà fare qualche ricerca online, studiare qualche report ed analizzare qualche dato per tirare le somme. Dall’inizio del gennaio 2020 abbiamo vissuto un’inversione di tendenza palese agli occhi di tutti. L’anno si era aperto con una serie di trend che solo due mesi dopo avrebbero trovato la loro destinazione finale su una rella difficile da vendere: i tailleur sono stati rimpiazzati da comodi e larghi tutoni da casa, mulas e tacchi hanno lasciato il posto a proposte comode come sneakers e stivaloni rasoterra. Poche camicie, quelle che bastano per qualche videocall, accompagnati da un triste e malinconico arrivederci agli amati minidress. L'essenzialità e la comodità sono state le uniche parole chiave per i nostri acquisti. Ma questo atteggiamento più comfy nella moda durerà? Difficile da crederci. Anche se tutti noi abbiamo sperimentato in prima persona una nuova quotidianità nel dress code comfy, ci sembra facile supporre che questa non avrà la meglio, anzi innescherà una reazione contraria, portando tutti i creativi del mondo moda (non appena gli sarà possibile) ad osare ancora di più nei giochi e nei colori, come in un rinascimento del fashion. Preparatevi a sbocciare.

È un altro il punto che reputiamo possa essere così fortemente cambiato, da essere destinato a durare: la modalità d’acquisto. Limitati nelle nostre mura domestiche, per parecchi mesi l’unica possibilità di acquisto sono stati gli e-commerce. Se all’inizio della pandemia gli italiani sembravano scettici sull’acquisto online di capi d’abbigliamento, pare che l’inversione di tendenza sia stata notevole. Secondo quanto riportato dal sondaggio condotto da IZI in collaborazione con Comin&Partners, pre-pandemia gli italiani che preferivano lo shopping in store erano l’85%, mentre ad oggi sono scesi al 64%. Questo approccio allo shopping non è cosa nuova (basti pensare a siti come Asos o Zalando, concepiti per essere solo ed esclusivamente online, per avere un’idea più chiara) ma certamente l’anno passato ha portato a una notevole velocizzazione del processo. Non siamo stati tanto noi a cambiare, quanto le aziende con una sempre maggiore attenzione posta sulla user experience online. Se prima solo le grandi catene davano la possibilità di uno shopping variegato su piattaforme comode ed intuitive, quest'anno anche le piccole realtà locali si sono dovute aggiornare e mettersi in pari con i tempi. Non solo acquisti fast in grandi catene, ma anche la possibilità di acquistare dai piccoli artigiani, disposti a consegnare anche a mano (se nella stessa città) per ridurre il peso della spedizione. Anche le modalità di reso sono cambiate, semplificate all’osso in modo da permettere al consumatore di cambiare idea e restituire la merce con pochissimo sforzo: come avere una cabina di prova nella propria casa. Anche se l’esperienza in store per una fashion victim non potrà mai essere sostituita da un freddo click, siamo certi che un nuovo modo di fare shopping è iniziato, il nuovo approccio all’acquisto sarà sempre più digital.

Ma passiamo ora all’ultimo e più complicato punto della nostra tesi: l’etica d’acquisto. Il drastico e inaspettato stop agli acquisti ha portato, più o meno consapevolmente, a un atteggiamento di massa molto più profondo, quello basato sulla consapevolezza. Il consumatore, non più inebriato dall'atmosfera strategicamente tentatrice degli store (profumi, musica, commessi adulanti) ha inziato a porsi più domande: "da dove viene questo capo? chi l'ha prodotto? È di buona qualità?"

Inoltre nei giorni più bui del 2020 abbiamo visto schizzare il trend topic del made in Italy e dell’artigianalità: hashtag come #supportyourlocalbusiness o #shoplocal si sono riempiti di messaggi speranzosi e suggerimenti per far conoscere le piccole realtà locali, cercando così di aiutare i piccoli commercianti e artigiani che di questa crisi hanno avvertito fortissimo il contracolpo. Abbiamo assistito a una forte presa di coscienza basata sulla solidarietà. E così, mentre cercavamo di far emergere e tutelare la nostra economia, abbiamo innescato un meccanismo di rifiuto verso le grandi multinazionali della moda pronte a sfruttare i suoi lavoratori e danneggiare senza riserva l'ambiente. In quest’ultimo punto fare una previsione sarebbe troppo azzardato, ma vogliamo almeno concludere con un augurio: confidiamo nella coscienza di ciascuno di noi, di aver imparato qualcosa dall’anno passato, per essere migliori nell’anno futuro, consumatori consapevoli e responsabili.

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