Dipping SaucePhotography by Maisie Cousins
TW: violenza ginecologica ed ostetrica, se non te la senti, se non sei pront*, non leggere.
Ci sono voluti anni per capire.
È amaro constatare quanta poca informazione ci sia, di violenza ginecologica non si parla, non ci sono dati, statistiche, evidenze, eppure esiste. Qualcun* si è accort* molto tempo dopo, qualcun* continua a pensare che il problema sia suo e qualcun* non è consapevole, convint* del fatto che una visita funzioni esattamente così.
Una visita - o attività diagnostica e/o terapeutica - può incidere significativamente sulla sfera della libertà sessuale di un* paziente, Il/la ginecolog* deve acquisire il consenso informato e deve immediatamente fermarsi in caso di dissenso del* paziente. Per la configurabilità di violenza sessuale non occorre, per altro, un espresso dissenso della vittima, è sufficiente la consapevolezza, da parte del medico, dell’assenza di una chiara manifestazione del consenso da parte del soggetto passivo al compimento degli atti sessuali a suo carico (con atto sessuale, la questione del “piacere” non è necessariamente contemplata, questo significa che lo scopo dell’atto, che può essere puramente diagnostico, in caso di mancato consenso informato, è da considerarsi violenza sessuale). Articoli 13 della costituzione, art. 5 c.p., art. 609-bis.
Che cos’è il consenso informato?
Il consenso informato è la manifestazione di volontà che il/la paziente, previamente informat* in maniera esauriente dal medico sulla natura e sui possibili sviluppi del percorso terapeutico, dà per l’effettuazione di interventi di natura invasiva sul proprio corpo.
Esistono due forme di consenso informato, verbale e scritto. Il consenso deve essere scritto nei casi in cui l’esame clinico o la terapia medica possono comportare gravi conseguenze per la salute e l’incolumità della persona. Negli altri casi, il consenso può essere solo verbale ma deve essere espresso direttamente al medico.
Il consenso dato dal* paziente deve essere:
Informato: preceduto da un’informazione dettagliata, tale da mettere in condizioni il/la paziente di effettuare una scelta consapevole.
Personale: dovrà essere manifestato alla persona destinataria del trattamento, in quanto titolare della disponibilità del bene giuridicamente protetto.
Manifesto: espresso in modo chiaro ed inequivocabile.
Libero e consapevole: deve provenire da un soggetto capace giuridicamente, in grado cioè di intendere e di volere e che abbia l’età idonea a poter disporre di quel diritto.
Dopo queste premesse, spero adeguate, sicuramente non esaustive, vorrei raccontare la mia esperienza personale perchè la freddezza (inequivocabilmente utile, non fraintendete) della legge, non sempre permette di capire a pieno e di empatizzare. Dopodiché, porterò un esempio di processo. Ribadisco il Trigger Warning, se non ve la sentite, non procedete.
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Entro nello studio, il ginecologo mi chiede di spogliarmi in bagno, cammino nuda fino al lettino, senza spiccicare una parola, mi palpa il seno, dopodiché entra in vagina, controlla la clitoride, mi dice che ho un neo, che è tutto a posto e che mi posso rivestire. Questa era la mia prima visita in assoluto.
La seconda volta mi reco sempre dallo stesso medico per fare il pap-test e una ecografia interna, la situazione è la medesima, entro nello studio, mi spoglio, cammino fino al lettino, il medico prende un aggeggio che sembra un becco mai visto prima (aka speculum), senza nemmeno avere il tempo di capire me lo ritrovo in vagina, dopodiché lo vedo armeggiare con un macchinario piuttosto grande, mette un guanto su una sonda, pure quella entra in vagina. Mi fa rivestire, pago, esco. Qualche parola ce la siamo scambiata, ma della visita e delle manovre che avrebbe dovuto fare nulla.
Per un po’ non ci sono più andata, non ne avevo bisogno, dopo qualche mese inizio ad avere forti dolori durante i rapporti, lo chiamo, mi prescrive una cura per la candida, cura prescritta soltanto a me e non al mio partner, ovviamente la riprendo, rifaccio la cura, il dolore però non passa. Mi reco nuovamente presso lo studio del ginecologo, mi mette due dita in vagina, mi si ritorcono le budella, gli dico che fa molto male, e che non mi sento bene, a questo punto applica una quantità di gel esagerata e mi dice “te ne ho messo talmente tanto che lo perdi fino all’anno prossimo, siccome mi fai pena per il tuo dolore, guarda ti regalo il tubetto”, entra di nuovo in vagina, il dolore è il medesimo, mi chiede “sei sicura di aver avuto rapporti?”e poi decide di toccarmi la clitoride, mi dice “è per capire se magari ti rilassi”. Siccome, nonostante le cure prescritte, il dolore non passa e peggiora fa prescrivere dal mio medico di base diversi test per le malattie sessualmente trasmissibili e mi eclissa con una diagnosi di vaginismo acuto.
Mi reco in ospedale, la ginecologa mi fa spogliare, fa qualche domanda, mi sdraio, cerca di infilarmi in vagina lo speculum, ma non riesce, il dolore è troppo forte, mi chiede di rilassare i muscoli, non ci riesco, le dico che fa troppo male e che mi sento svenire, lei mi dice che non sta facendo niente, “non ti sto facendo male sei tu che ti devi rilassare, hai subito violenza sessuale?” Fa forza, lo speculum entra, il dolore è così forte che non ci vedo più, sono immobile, mi scendono le lacrime, mi sento svenire. La voce della ginecologa la sento lontana, mi dice che ha finito, mi alzo, le dico che non mi sento bene, mi fa sdraiare, poi mi rivesto esco, mi accascio di nuovo in corridoio perchè mi sento nuovamente svenire. A casa sono stata eclissata con un “non ho mai sentito nessuno svenire per un tampone, secondo me dovresti rilassarti”.
Alla fine avevo la vulvodinia, ma questa è un’altra storia ancora. Ho trovato uno studio, mi hanno curata, dopodiché non ne ho più voluto sapere di visite, ecografie varie, non perchè non tenessi alla mia salute o perchè non fossi cosciente della situazione delicata (entrambe le mie ovaie sono micro-policistiche, l’endometrio è probabilmente cistico e non si esclude endometriosi), ma avevo paura.
Due mesi fa ho deciso di fare una valutazione del pavimento pelvico e una consulenza per squilibri ormonali e mestruazioni molto dolorose, dopo aver parlato per diverso tempo, ascoltata la mia storia clinica e compreso le mie abitudini, l’ostetrica mi ha visitata. Sono rimasta sconvolta. Mi ha spiegato ogni cosa, chiesto il permesso per tutto: “posso toccare questa zona? Ti senti bene? Sei sicura? Vuoi proseguire? Ho il tuo consenso?”. All’inizio, quando mi ha chiesto: “Ho il tuo permesso per mettere un dito in vagina?” Ho preso un bel respiro, ma la smorfia mi è uscita comunque, le ho spiegato quello che era successo e mi ha detto: “mi dispiace molto, questa è violenza”.
È stata una vera e propria epifania. È cambiato tutto.
TW: Un ginecologo è stato accusato da tre donne di violenza sessuale
Alla prima donna è stata toccata la clitoride, era del tutto impreparata, la seconda donna si era recata dal medico soltanto per una ecografia, ma il medico ha inserito e compiuto delle manovre in vagina, per la terza era la prima visita, i movimenti all'interno della vagina hanno determinato grave imbarazzo, è stato tutto talmente improvviso da non rendere possibile una immediata reazione. In tutti e tre i casi, il contatto è stato repentino senza dovuta preparazione e preventivo consenso. Il medico ha costretto ciascuna paziente a subire un atto che ha inciso sulla libertà di autodeterminazione sessuale.
Ovviamente, il ginecologo è stato assolto:
a) L'imputato è un medico specialista in ginecologia ed ostetricia, con esperienza di insegnamento presso l'Università.
Cosa dovremmo fare? Ringraziarlo per gli studi conseguiti? Suppongo sia perfettamente normale intraprendere un percorso di studi in ginecologia ed ostetricia, prima di esercitare la professione di ginecologo ed ostetrico.
b) Nell'ambito di una visita ginecologica completa, l'eccitamento della clitoride può dare indicazione, ed è una modalità corretta. Inoltre, la palpazione della clitoride è stata fatta per verificare la sensibilità dell'organo della paziente senza adeguata preparazione, il medico ha toccato la clitoride della donna, alla prima reazione le ha detto "poi ti spiego"dopodiché si è arrestato. Il ginecologo sembra aver soltanto richiesto una collaborazione finalizzata alla diagnosi sul dolore. Il medico ha agito con la sola consapevolezza e volontà di curare le pazienti.
Non metto in dubbio che la palpazione della clitoride sia una manovra valida, non sono una esperta, certo è che non si può trascendere il consenso, è assolutamente necessario spiegare qualunque manovra e chiedere il permesso, non è accettabile inserire le dita in vagina o uno strumento e nel mentre o successivamente spiegare il senso di quel gesto.
Se pensate che io sia presuntuosa, vi rimando all'incipit di questo articolo, dove si parla di consenso informato. Il fatto che un medico abbia conoscenze e preparazione, non è un buon motivo per appellarsi al "se l'ha fatto c'è sicuramente una buona ragione" oppure "è un medico, avrà tantissime visite da svolgere", nessun* qui sta mettendo in dubbio queste due affermazioni, il punto è che spostano il focus e deresponsabilizzano. Un* paziente non è solo la parte di corpo da visitare, l'ennesima della giornata, il rispetto è fondamentale. Inoltre, un* paziente non può avere le stesse conoscenze di un* professionista del settore, a maggior ragione è necessario essere il più chiaro possibile, le informazioni devono diventare fruibili, dopotutto si tratta del mio corpo, ho il diritto di avere totale controllo, ho il diritto di sapere esattamente ciò che deve essere fatto e come, cosa comporta il tutto, che percorsi potrei intraprendere. Poco importa che sia la mia prima o terza o decima visita: spiegamelo. Quando durante una visita c'è imbarazzo o dolore, piuttosto che alimentare la possibilità di creare dei veri e propri traumi, il/la ginecolog* deve arrestarsi, rassicurarti, estorcere una diagnosi non è necessario, possiamo sempre riprovarci in un secondo momento, non è mai tempo sprecato.
Dipping SaucePhotography by Maisie Cousins
TW: Violenza ostetrica
Nel 2016, con la campagna #bastatacere, le madri hanno iniziato a parlare dei soprusi subiti prima, durante e dopo il parto, sono state raccolte più di mille esperienze, questa campagna è stata realizzata in funzione della proposta di legge Zaccagnini: Norme per la tutela dei diritti della partoriente e del neonato e per la promozione del parto fisiologico. I racconti sono aberranti, disumani, traumatici, ma grazie al lavoro di tant* volontar* e madri coraggiose che hanno parlato è stato possibile creare consapevolezza, diffondere informazioni, eliminare il tabù e sopratutto, questo ha dato la forza alle donne di denunciare e di avere gli strumenti per comprendere che ciò che avevano subito era violenza: abuso verbale, obbligo di partorire in posizione supina, manovre invadenti, poco rispetto per le sensazioni e volontà della donna, rifiuto di garantire una terapia del dolore e tanto, tanto altro. Oggi, nonostante il lavoro da fare sia ancora tanto, esiste un Osservatorio sulla Violenza Ostetrica finalizzato alla custodia e alla diffusione delle testimonianze raccolte, si propone l'obiettivo di sensibilizzare, raccogliere dati, produrre statistiche, report, articoli, questionari e pubblicazioni. La violenza ostetrica è reato.
In conclusione, se per quanto riguarda la violenza ostetrica qualcosa è stato smosso, e per questo dobbiamo ringraziare chi ha avuto il coraggio di raccontarsi, per quanto riguarda la violenza ginecologica, suppongo che il vaso di Pandora debba ancora essere scoperchiato. Non ci sono dati, statistiche, eppure questo non garantisce il fatto che non esista. Anzi, è un fenomeno di cui si parla poco, capire di aver subito una violenza non è scontato, pensiamo che una visita funzioni così e che essenzialmente, nel caso in cui ci sia dolore o imbarazzo, il problema sia nostro, non è così. Nessun* di noi ha colpe. Ripetiamolo assieme: Non è colpa nostra.
Fonti:
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